L’Inps ha chiesto ad un malato di Sla di restituire 1.050 euro. E’ quando accaduto a Carlo Antonini, un 58enne di Sarezzo, che da 9 anni è malato di Sla. Per via della sua malattia invalidante (patologia neurodegenerativa che determina una paralisi progressiva dei muscoli volontari) nel 2021 è stato ricoverato in ospedale per 60 giorni. Per l’istituto di previdenza in quel periodo (o per parte di esso) la donna non avrebbe dovuto percepire l’assegno di accompagnamento.
La moglie Valentina – che lo assiste 24 ore su 24 – in quell’occasione lo aveva seguito al Niguarda di Milano per effettuare una tracheotomia. All’ epoca del ricovero la coppia aveva fatto tutti i passaggi burocratici del caso per non perdere l’accompagnamento: primo fra tutti quello di inviare una missiva nella quale si specificava che la moglie doveva, per forza, stare sempre con il marito anche in ospedale. Per via della malattia infatti l’uomo ha bisogno di assistenza continua: se per caso del muco gli si ferma nella trachea e non c’è nessuno ad aiutarlo nel giro di due minuti può morire. Ora la doccia fredda. L’Inps provvederà a trattenere mensilmente 50 euro.
La beffa però è che l’Inps ha risposto che il documento inviato vale se la degenza non supera i 29 giorni. La sua “colpa” è stata quindi quella di essere ricoverato più di 29 giorni. Durante quei due mesi vicino al marito al Niguarda la moglie ha dovuto pagarsi pranzo e cena (850 euro) mentre il trasporto in ambulanza è stato pagato da amici della coppia. Ora Carlo Antonini non vuole fare ricorso o compilare altri documenti, restituirà i soldi (l’Inps gli ha fatto sapere che compilando alcuni moduli la questione potrebbe essere risolta). La denuncia del malato è stata fatta – ha riferito – per lanciare un segnale alle istituzione di come un disabile è trattato in Italia.