✴️ I programmi? Non sempre fanno vincere, ma possono far perdere | di Paolo Pagani*
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di Paolo Pagani* – Alcuni appunti dopo il voto. Il risultato bresciano dice che, se i programmi non sempre ti fanno vincere, sicuramente ti fanno perdere.
Tutto il programma, e la conseguente campagna elettorale senza badare a spese, di Rolfi ruotava attorno alla presentazione di Brescia come se fosse Caracas. Ebbene gli elettori sono di destra o di sinistra, ma, in genere, non sono stupidi. E quando vedono che una delle proposte politiche in campo è un caso di sconnessione dalla realtà ci pensano bene prima di premiarla. La batosta del centrodestra si spiega in larga parte così.
Poi c’è la politica. E a questo livello il campo progressista bresciano è stato in grado di mobilitare virtuosamente tutte le sue risorse ideali e programmatiche. In questa guisa il caso bresciano può tornare ad essere un laboratorio nazionale e può dire qualcosa al mondo politico italiano. In particolare un messaggio, penso, arrivi direttamente a Calenda. Che deve essere capace di farne tesoro.
La sua formazione politica avrà un futuro se smette di fare una politica corsara, che rincorre il giorno per giorno, e se ragiona di futuro.
Per essere espliciti, in un sistema comunque bipolare, penso che la scelta più conseguente alla sua cultura politica sia quella di decidere di stare senza se e senza ma nel campo progressista a rappresentare il pensiero più fecondo del liberalismo democratico.
Per il PD è una nuova dimostrazione che la vocazione maggioritaria e la pretesa di autosufficienza sono ormai chiodi vecchi a cui appendere una vecchia politica.
La vocazione deve essere quella coalizionale fondata su una strategia delle alleanze sociali e politiche, nel solco della migliore tradizione del riformismo italiano, della sinistra e del cattolicesimo democratico.
Infine il risultato elettorale, davvero strabiliante, squaderna la possibilità dell’affermazione e della promozione di una nuova classe dirigente. Nessuna nostalgia del nuovismo, ma la constatazione che, nonostante tutte le difficoltà del centrosinistra, questa tornata amministrativa afferma che questo è il tempo che nuove personalità diano continuità, innovando, al riformismo municipale.
Per parte mia, sommessamente, ritengo che un ruolo di primo piano non possa che essere assunto, oltre a quello già deciso di Federico Manzoni, da Camilla Bianchi, Anna Frattini, Andrea Curcio, Roberto Cammarata, Pietro Ghetti e Laura Giuffredi. Per limitarmi al PD.
Un ruolo che, insieme agli altri eletti, potrà inverare, nella concretezza di ogni giorno, la natura del PD come partito plurale.
Una caratterizzazione che, mi pare di poter dire, al di là di ogni pregiudizio, la segretaria Elly Schlein non solo sta difendendo ma soprattutto promuovendo. Anche sotto questo profilo da Brescia possono venire utili indicazioni e suggerimenti per il PD nazionale.
* segretario provinciale di Articolo UNO di Brescia
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