Ricorda: il 27 non è solo giorno di busta paga! | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Ripetere continuamente, ricordare sempre, dimenticare mai! La giornata della memoria

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

“Tutti coloro i quali dimenticano

il loro passato  sono condannati

a riviverlo”. Primo Levi

di Doriana Galderisi* – In questo mese di gennaio, che ormai volge al termine, ricorre una data estremamente importante per l’umanità: il 27 gennaio, una data che appartiene alla Memoria Storica poichè ricorda l’Olocausto, l’orrore dello sterminio nazista.

Avere cura della Memoria Storica è parte della cultura.

E’ questa la base da cui prende il via  la riflessione del mio contributo odierno.

Pochi giorni fa, il 20 gennaio, vi è stata l’inaugurazione dell’anno che vede Brescia e Bergamo Capitali Italiane della Cultura.

La data in cui si celebra la Giornata della Memoria, cioè il 27  gennaio, in ricordo dei campi di sterminio e degli orrori della Seconda Guerra Mondiale è un’espressione importante sia della cultura sia del fare cultura.

La Seconda Guerra Mondiale e i campi di sterminio sono solo alcuni degli orrori del Novecento; tra questi vi è anche la bomba atomica sganciata su Hiroshima e Nagasaki, evento che è stato affrontato anche nella prima puntata del 2023 de “La scienza di eccellenza”, il ciclo di incontri on line da me ideato, arrivato alla quarta edizione (e al suo 38esimo appuntamento) e che, anche per questo nuovo ciclo, ha il Patrocinio del Comune di Brescia.

Hiroshima, come gli altri fatti storici traumatici evocati in questi giorni di fine gennaio, è un evento drammatico che oggi ha la funzione di farci riflettere su livelli di complessità profondi e articolati. La bomba atomica, il pericolo di un disastro nucleare sono purtroppo tornati ad essere questioni terribilmente attuali, perché la guerra russo-ucraina ha riattivato il timore di un olocausto nucleare.

Chi fosse interessato ad approfondire il tema può ascoltare la puntata de “La scienza di Eccellenza” che si trova sul sito www.scienzadieccellenza.it oltre che sui miei canali social. Spunti di riflessione anche nel video da me preparato, qui in inserto con l’articolo.

 


La memoria è una funzione cognitiva che ha il compito di accumulare e di recuperare le informazioni nel corso del tempo ed è caratterizzata soprattutto dalla complessità di funzionamento.

I processi mnestici sono infatti oggetto di studio in continuazione evoluzione e possono essere esplorati da molti punti di vista: da quello storico a quello neurologico, da quello psicologico a quello sociale, da quello individuale a quello collettivo.

Il tempo che passa ha di per sé degli effetti sui ricordi. A questo si aggiunga il fatto che il tempo che passa porta con sé anche la perdita naturale delle voci e degli occhi di coloro i quali sono stati travolti dagli orrori.

La scomparsa dei testimoni, il venir meno delle narrazioni dirette oltre ad affievolire il ricordo degli eventi passati, porta con sé una ricaduta molto critica sul livello di consapevolezza e di lettura matura dei fenomeni del nostro presente.

Ed è proprio la scomparsa, per l’avanzare dell’età, dei testimoni, di coloro che hanno vissuto direttamente, in prima persona, quei drammi e che ne rappresentano, letteralmente, la “memoria viva”, è proprio questo a complicare la percezione della gravità e della conseguente pericolosità di alcuni comportamenti umani e di certe decisioni.

Se riflettiamo per un momento facendo un parallelismo con la “memoria a livello corporeo”, cioè se pensiamo a come ad esempio il nostro sistema immunitario memorizzi i corpi esterni (antigeni) e attivi le difese necessarie, capiamo quanto la memoria di ciò che accade sia indispensabile per la nostra vita, per la nostra sopravvivenza e per l’evoluzione stessa.

La memoria non va pensata nel suo funzionamento come una sorta di tatuaggio nella mente, nemmeno come una specie di registratore che raccoglie esattamente i fatti, e tanto meno ancora come un “hard disk” che contiene tutto ciò che riguarda la nostra vita.

Al contrario: la memoria ha un funzionamento complesso e articolato, caratterizzato da limiti, da “difetti” che la rendono precaria. Lo aveva capito molto bene già Primo Levi, che sosteneva: “La memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace”.

La mente umana non ha infatti una capacità illimitata, pur se molto molto grande di immagazzinare e mantenere il ricordo, che a sua volta non è “granitico”, inossidabile, bensì plastico e soggetto a tutta una serie di interferenze, trasformazioni, modifiche nel tempo. Basti pensare a ciò che può capitare a ciascuno di noi: quando ci troviamo a confrontarci su ricordi comuni tra amici spesso ci accorgiamo che ciascuno rievoca particolari diversi pur avendo vissuto tutti lo stesso tipo di esperienza.

La memoria di ogni persona ha dunque un suo dinamismo ed è influenzata anche dagli stati emotivi e quindi i ricordi sono parziali o diversi da ciò che in realtà è accaduto.

Oltre a tutto ciò c’è l’esperienza comune a tutti noi di come, a volte noi umani dimentichiamo.

Ma perché dimentichiamo? Le spiegazioni sono molteplici ma una tra le più importanti riguarda il fatto che la nostra mente “naturalmente smaltisce il sovrappiù”. Del resto basti pensate a che cosa succederebbe se dovessimo ricordare tutto ciò che ci capita o che facciamo! Sarebbe impossibile vivere!

Lo “smaltimento” vale soprattutto per i ricordi negativi. La psicanalisi, gli studi di Sigmund Freud, ci fanno ben capire come talvolta noi dimentichiamo certe situazioni per difenderci, per allontanare contenuti minacciosi e farli rimanere nascosti, inconsci, quindi più difficilmente recuperabili (280 quintilioni di byte immagazzinati durante la vita: questo è quanto calcolò il matematico John Von Neumann).

Nessuna informazione quindi, una volta acquisita, viene persa davvero, data la capacità mnemonica dei nostri circuiti neuronali.

Numerosi studi di neuroscienze evidenziano come ogni esperienza lasci una traccia più o meno nascosta e celata dentro di noi. Lo affermava anche Primo Levi con parole molto significative: “La memoria è come il mare: può restituire brandelli di rottami a distanza di anni”.

Ed ecco dunque, proprio in virtù del fatto che la memoria umana è camaleontica, dinamica, trasformistica ma anche fragile nel suo insieme, che mantenere viva la Memoria dei fatti diventa fondamentale. Soprattutto se i fatti sono inerenti a situazioni, contesti, esperienze che diventano simbolo dell’indescrivibile orrore e per questo non devono accadere mai più. Questo sostanzia l’importanza di far di tutto per non dimenticare.

Tenere viva la memoria dei “baratri” del passato è un comportamento volontario fortemente proattivo, cioè in grado di stimolare evoluzioni positive ed influenzare i nostri processi di decisione in modo maturo e equilibrato. È necessario perciò impegnarsi per non dimenticare

Ma per quali altri motivi è così importante non dimenticare il passato? Uno dei film cult della storia cinematografica è Matrix, che nasce come fantascientifico ma che oggi non ci appare più del tutto così!

In quel film venivano “impiantate” nella mente dell’umanità realtà parallele come se fossero vere, che avevano la possibilità di usare particolari informazioni nel cervello delle persone creando determinate memorie. Quella pellicola oggi ha un suo inquietante realismo e ci fa riflettere sul fatto che la memoria e le memorie collettive possono essere manipolate.

Questo è il primo motivo per cui è importante non dimenticare.

Anche le parole di George Orwell nel suo romanzo distopico dal titolo “1984” ci fanno capire proprio come l’influenzare le memorie sia qualcosa di molto concreto e possibile.

Orwell infatti afferma che: “Il potere vuole che i ricordi della gente siano allineati con quelli del regime, in modo che non vi siano conflittualità tra memorie individuali e memoria storica”. Queste parole descrivono lo scenario contemporaneo, in cui le fake news costituiscono dei veri e propri esempi di manipolazione dell’informazione.

Dunque è così importante non dimenticare? Più che importante è fondamentale non dimenticare, non “darla vinta” all’oblio, perché la perdita della memoria collettiva porta con sé la messa in discussione di molti assi portanti in una collettività, tra cui uno dei principali è la fiducia soprattutto nelle figure di rifermento, come gli adulti o come le autorità politiche, scientifiche, economiche. Abbiamo esempi di ciò anche ai giorni nostri, in cui la rabbia giovanile verso le istituzioni e gli adulti, si concretizza in azioni di ribellione con l’accusa rivolta alle istituzioni e agli adulti stessi di tradire le prospettive future di vita delle nuove e giovani generazioni.

Come fare dunque a mantenere vivi i ricordi, quando il tempo passa, allontana le memorie e “porta via” le testimonianze di chi ha vissuto e potrebbe aiutarci a capire?

Ecco alcune indicazioni:

1- Parola d’ordine: ANTIAGE, ossia curare moltissimo l’interazione tra generazioni diverse. Il confronto tra giovani e adulti e soprattutto con gli anziani aiuta a costruire una memoria collettiva che serve a progettare un futuro con solide e positive basi. Fondamentale è il ruolo della scuola e fondamentali sono le tante iniziative che le scuole di tutta Italia e anche quelle bresciane, mettono in campo in ogni Giornata della Memoria (e non solo). Tra queste molto rilevante è il viaggio ad Auschwitz e nei campi di sterminio che molte scolaresche e istituti superiori bresciani compiono periodicamente. L’ho compreso io stessa nel 2008, quando, durante un viaggio in Giappone, feci tappa a Hiroshima e vi rimasi non per un giorno come previsto da programma, ma per ben tre giornate. Nel tempo ho capito il perché di quell’esigenza di soffermarmi più a lungo in quella città: camminare nei luoghi, immergersi in quelle dimensioni spazio-temporali commemorative aiuta, chi non ha vissuto direttamente quell’esperienza, a sentirsene parte, ad empatizzare, ad entrare in connessione emozionale e mentale con quegli eventi. Ecco quindi l’importanza che l’esperienza spazio-ambientale ha nella memoria degli esseri umani.

2- Attenzione “all’EFFETTO GOOGLE” e ai suoi effetti collaterali: l’effetto Google è quella condizione per la quale affidiamo la memoria non più alla memoria stessa ma ad internet. È la tendenza a non custodire nella nostra mente i ricordi perché confidiamo nella realtà virtuale che lavora per noi trattenendoli e aiutandoci a recuperarli. Ma questo processo di delega della memoria (la cosiddetta memoria transattiva – Daniel Wegner) comporta dei problemi, perché, mentre la mente umana sottopone continuamente ad una rielaborazione tutto ciò che vi entra, creando quindi sempre connessioni nuove, ampliando concetti e  rinnovandosi, al contrario il “cervello digitale” lascia l’informazione in modo indifferenziato.

Se usare internet può avere vantaggi sul pensiero cognitivo per le molte opportunità che offre, può però interferire con il pensiero critico e riflessivo. Di ciò è bene essere consapevoli

3- Favorisci la MULTISENSORIALITA’, ovvero utilizza tutti i tipi di fonti, dal cinema agli spettacoli teatrali ai libri, che ci aiutano a combattere l’oblio e, quindi, a mantenere una coscienza precisa, critica e soprattutto protettiva verso il rischio di regressioni drammatiche come possono essere il ripresentarsi di eventi orribili, quali quelli evocati durante la Giornata della Memoria. Combattere l’oblio con ogni mezzo serve anche per preservare il senso della nostra identità: quando siamo privi della memoria infatti ci rendiamo conto di come perdiamo il senso di chi siamo. Questo è evidente nelle patologie come l’Alzheimer o nelle varie forme di demenza, nelle quali la perdita della memoria porta alla perdita della dignità e della coscienza. In senso più ampio, quindi, mantenere la Memoria storica aiuta a mantenere il senso della comunità e della civiltà di appartenenza.

Nel ringraziarvi per l’attenzione vi saluto con una frase tratta dal libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”… “L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria”.

Ci ri-leggiamo tra 15 giorni, grazie.

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. Esperta in psicologia dello sport iscritta nell’elenco degli psicologi dello Sport di Giunti Psychometrics e del Centro Mental Training. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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Ultimo aggiornamento il 14 Aprile 2024 21:09

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