🔻 Immigrazione: in Europa, in Lombardia e a Brescia i dati parlano chiaro | 🔺DAL GRUPPO G9

C’è bisogno di molta chiarezza e la scienza, i numeri, i dati incontrovertibili, non gli slogan e le opinioni, ci possono illuminare nel tentativo, obbligatorio, di comprendere la realtà che viviamo...

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Immigrazione, foto simbolica da Pixabay

di LAURA GIUFFREDI* C’è bisogno di molta chiarezza e la scienza, i numeri, i dati incontrovertibili, non gli slogan e le opinioni, ci possono illuminare nel tentativo, obbligatorio, di comprendere la realtà che viviamo.

È quello che tenta di fare il Dossier Statistico Immigrazione 2022, 32^ edizione, a cura di IDOS, in collaborazione con Centro Studi Confronti e Istituto di Studi Politici “S. Pio V” che è stato presentato giovedì 27 ottobre, in contemporanea con altre città italiane, a Brescia presso la Fondazione Clementina Calzari Trebeschi. Sono intervenuti Franco Valenti (referente IDOS Lombardia), Clemente Elia (CGIL Lombardia), Franco Castelli (prorettore Università degli Studi di Brescia), Anna Della Moretta (giornalista), Nesaiba Ait Allali (fisioterapista) e Marco Fenaroli (assessore alle Politiche Sociali del Comune di Brescia); ha moderato l’incontro Mario Bussi (Fondazione C. Calzari Trebeschi)

Partiamo dalla realtà che ci è più vicina: al 31 dicembre 2021, secondo i dati dell’Istat, i cittadini stranieri residenti in Lombardia ammontavano a 1.193.910 unità, il 12,0% della popolazione della regione. Di questi, il 36% proviene dall’Europa (di cui UE 18,8%), il 25,6% dall’Africa, il 25,7% dall’Asia, il 12% dall’America. La Lombardia si conferma al primo posto tra le regioni italiane per numero di residenti stranieri, con una quota del 23,0% sul totale nazionale e Brescia risulta essere la quarta provincia in Italia per numero di residenti stranieri (153.933), dopo Torino, Firenze, Bologna e Bergamo; registra tuttavia un calo di presenze tra il 2019 e il 2021 pari a 35.567 (-2,8%).

Nel corposo dossier emergono molti altri dati eloquenti: i residenti in Lombardia appartenenti alla fascia di popolazione in età lavorativa (15-64 anni) sono aumentati di 183.551 unità (+3,0%). Ma mentre quelli italiani sono diminuiti di 428.701 unità (-7,2%) gli stranieri hanno registrato un incremento notevole: +612.252, pari a +246,8% rispetto al dato iniziale (248.031). Per la fascia di popolazione di età superiore ai 64 anni, la crescita è stata pari a 622.452 residenti, dovuta prevalentemente ai cittadini italiani (+586.646). L’aumento della popolazione nella fascia 0-14 anni, invece, si è attestata a +170.921, di cui 161.085 stranieri. Dunque: gli anziani, percentualmente in aumento, sono prevalentemente italiani, mente tra i ragazzi le percentuali in aumento si registrano tra gli stranieri. Una “piramide demografica” fortemente ampliata nelle fasce d’età più anziane che non apre buone prospettive per gli equilibri sociali.

Nel complesso la crescita di immigrati a livello nazionale è dello 0,4%, in Lombardia dello 0,3 %. Si è cominciata a registrare, in realtà, una graduale disaffezione dei flussi verso l’Italia, dove il contesto e le condizioni di accoglienza vengono percepite come ostili. Del resto non c’è una strategia unitaria e lungimirante per valorizzare questo capitale umano e alla fine restano entro i nostri confini soprattutto i soggetti meno competenti e qualificati.

In parallelo si può osservare che oggi gli italiani all’estero sono ormai ben 586.900, prevalentemente giovani qualificati: un numero tutt’altro che trascurabile, ma qui andrebbe aperto un altro capitolo, non tuttavia alieno al quadro che si sta tracciando.

A proposito di scuola, anche nell’anno scolastico 2020/2021 la Lombardia si conferma la regione con la più alta presenza di studenti non italiani (220.771, pari al 25,5% del totale nazionale). Rispetto all’anno scolastico 2018/2019 gli stranieri sono aumentati di 2.838 unità (+1,3%), a fronte di un calo di 28.256 unità (-2,4%) degli alunni italiani. La provincia di Brescia (32.747) si colloca al 4° posto nella graduatoria nazionale. Altro dato interessante: il 69,1% degli alunni stranieri iscritti in una scuola lombarda è nato in Italia (152.524). Tale percentuale sale all’84,0% nella scuola dell’infanzia e al 75,1% nella primaria. Dei 50.092 iscritti alla scuola secondaria di secondo grado, il 27,3% frequenta un liceo, il 29,8% un istituto professionale e il 42,9% un istituto tecnico. Rispetto ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale della Lombardia, destinati a studenti che hanno concluso il I ciclo di istruzione (scuola secondaria di I grado), nell’anno scolastico 2021/2022, su 58.727 iscritti, 8.594 erano alunni non italiani (pari al 14,6% del totale).

Passando al tema del lavoro, attualmente in Lombardia il 12,2% delle persone occupate è di origine straniera. Per quanto riguarda la ripartizione settoriale, il 67,6% degli occupati stranieri lavora nei servizi, il 29,9% nell’industria, tra cui il 9,3% nelle costruzioni, e solo il 2,5% in agricoltura. Circa un terzo degli occupati stranieri (32,4%) svolge un lavoro manuale non qualificato (contro il 7,0% degli italiani), una quota simile (32,3%) un lavoro manuale specializzato (contro il 22,3% degli italiani), poco più di un quarto (25,6%) è inquadrato come impiegato o addetto alle vendite (rispetto al 29,6% degli italiani), mentre meno di un decimo (9,7%) ha un ruolo dirigenziale o svolge un lavoro tecnico o intellettuale (contro il 41,1% degli italiani).

Da registrare anche  che l’81% degli infortuni sul lavoro interessa stranieri.

In tutto questo quadro, che ruolo gioca il tema della cittadinanza? Nel 2021 in Lombardia, tra i cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno, risulta in possesso di un permesso di lungo periodo il 65,9% del totale, quasi il 10% della popolazione residente in Lombardia.

Ciò non consente loro, tuttavia, di godere dei diritti di cittadinanza: uno dei paradossi evidenti è che i residenti stranieri, pur non essendo elettori, vengono conteggiati per raggiungere il numero dei 15.000 residenti necessari per i ballottaggi alle elezioni locali. Lo stesso dicasi dei distretti elettorali per le politiche.

Sono cittadini che pagano le tasse e che con il loro lavoro sostengono il sistema Lombardia, ma questo non si traduce in diritti civili acquisiti. Per fortuna va registrata quella che viene inserita tra le “Buone Prassi” del Dossier, ovvero, l’esempio del Comune di Brescia, che, dalla tornata elettorale del 2013, ha promosso l’elezione dei Consigli di Quartiere in una logica di cittadinanza di prossimità, per ripristinare una forma di collegamento istituzionale tra il centro e le periferie dopo l’abolizione delle Circoscrizioni. Le comunità straniere sono state in questo modo coinvolte nella progettazione e nell’organizzazione delle relative elezioni e, tra gli eletti, gli stranieri sono diventati attori importanti nell’avvicinare le proprie comunità alla partecipazione attiva per la condivisione amministrativa degli interventi utili per migliorare la vita nel quartiere. Il risultato è stato che alle elezioni comunali del 2018 molti neo-cittadini hanno votato con la consapevolezza acquisita grazie al lavoro partecipativo dei quartieri.

Certamente l’attuale legislazione nazionale in tema di cittadinanza limita le possibilità di accesso e il blocco in questo senso, nonostante la discussione in corso, non sembra destinato a risolversi in tempi brevi: eppure l’Italia è un paese che registra un evidente decremento demografico ed è innegabile il bisogno di giovani energie con pieni diritti. Invece registriamo, negli ultimi anni, un’evidente emigrazione dall’Italia, persino di giovani di origine straniera. Segno questo di una politica di integrazione tutt’altro che soddisfacente (basti pensare al lentissimo iter applicato, ovunque in UE, per l’esame delle richieste di asilo, con enormi discrepanze nel riconoscimento da paese a paese).

Luca Di Sciullo nella prefazione al Dossier, parla di una “ultradecennale stratificazione di piani comunitari, leggi nazionali e delibere locali che umiliano e ledono non solo le condizioni di vita degli stranieri, ma, in maniera direttamente proporzionale, anche (e scientemente) l’intero “sistema paese” e “sistema Europa” di cui – lo sanno ormai tutti – gli immigrati e i loro figli costituiscono una componente strutturale imprescindibile”.

A differenza di quanto messo proficuamente in campo per l’emergenza Ucraina e la relativa accoglienza, le politiche nazionali per l’asilo e le migrazioni da altri contesti, spesso altrettanto drammatici, rimangono ostinatamente immobili, anzi, sembrano proprio in questi giorni incrudelirsi: accoglienza selettiva e “rifiuti differenziali”, anche in base al colore della pelle. L’Europa ha così esternalizzato le frontiere e finanzia i campi profughi, meglio definibili come lager.

Creare queste “non-persone” fa comodo, perché come i capri espiatori attraggono, da un lato, la frustrazione dei ceti più deboli (che li individuano come responsabili del loro disagio), gli interessi del sistema produttivo (per il quale costituiscono manodopera sfruttabile e ricattabile), dei governanti (che attribuiscono ai migranti le difficoltà dovute invece alla loro inefficienza ed inefficacia).

Anche i migranti, dunque, come direbbe Liliana Segre, hanno l’unica colpa di essere nati…stranieri.

Andrebbe se non altro considerata la carenza ormai strutturale di manodopera, che si registra nei paesi ricchi: nell’area europeo-mediterranea tale carenza è soprattutto evidente in settori come l’agricoltura, l’edilizia, la sanità e l’assistenza domiciliare. Nei paesi poveri, invece, c’è un perdurante esubero di offerta di manodopera. Perciò, in assenza di migrazioni si rischierebbe un generalizzato stallo dell’economia ed un aggravarsi di condizioni sociali generali a livello mondiale.

Generalmente partono per migrare adulti sani, ma, altra questione di cui si parla troppo poco, la migrazione stessa condiziona poi lo stato di salute: sono frequenti disagio psichico, shock culturale, malattie cardiovascolari, cancro, diabete; il 63% dei migranti positivi all’HIV ha contratto il virus nel paese di destinazione. Il prof. Castelli ha sottolineato come andrebbe applicata seriamente la Convenzione di Lisbona per cercare di favorire l’ingresso di stranieri e rifugiati nelle nostre Università, mediante un’equa valutazione delle loro competenze. Il problema sono le risorse: ne sono destinate troppo poche per poter consentire l’allargamento della platea di chi usufruisce di borse di studio.

L’ampio lavoro di ricerca di cui abbiamo dato conto è ovviamente dominato dai numeri: dati e percentuali si affollano in elenchi e quadri statistici che abbiamo tentato di riassumere. Ma giova ricordare che dietro i numeri ci sono persone, ciascuna con una storia che la rende unica, fatta di esperienze e relazioni umane, di energie e di pensiero, con cui sarebbe bene sforzarci di metterci in positiva relazione, per il bene di tutti.

Perciò ci piace ricordare le parole di Valerio Calzolaio e Telmo Pievani nel loro saggio “Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così (Einaudi 2016): “Le popolazioni umane migrano da milioni di anni, per necessità o per scelta. È così che siamo evoluti. Homo sapiens ha conquistato la libertà di migrare ed il diritto di restare…”.

Dossier Immigrazione

*L’AUTRICE DELL’ARTICOLO: LAURA GIUFFREDI

Laura Giuffredi. Laureata in Lettere Università Degli Studi di Milano e poi specializzata in Storia dell’arte, diplomata in restauro dei dipinti presso Enaip Botticino, insegnante (ora in pensione) del liceo Gambara di Brescia, ad oggi Presidente del Consiglio di Quartiere di Bettole – Buffalora, membro del Comitato di Gestione del Parco delle Cave.


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Ultimo aggiornamento il 14 Aprile 2024 22:11

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