Loggia, su candidato e alleanza i veti incrociati complicano la partita del centrosinistra
Il momento delle decisioni si avvicina. E per il centrosinistra le situazioni da chiarire sono ancora molte, facendo prevalere lo spirito unitario rispetto ai veti incrociati.
Tanto per cominciare, infatti, va definito il perimetro dell’alleanza, che verosimilmente comprenderà ancora sinistra, mondo civico, Pd e Azione (soprattutto in caso di candidatura di Castelletti). Mentre è da chiarire la posizione di Italia Viva (Guido Galperti e Dionigi Guindani), che non ha escluso la possibilità di correre da sola al primo turno con un proprio candidato e ha comunque ribadito il no – attraverso il portavoce Giambattista Groli – ad alleanze con “M5s, sinistra radicale ed Europa verde”. Oltre a rilanciare l’ipotesi di Letizia Moratti in Regione e a chiedere un accordo trasversale (sul nome di Galperti) per la Provincia.
I nomi dei candidati sul piatto per la Loggia sono ancora numerosi. Il sindaco ne aveva indicati esplicitamente tre: la vicesindaco Laura Castelletti e gli assessori Valter Muchetti e Federico Manzoni. Ma nelle ultime settimane le sue preferenze sembrano essersi spostate con decisione verso la vicesindaco. Il suo nome, però, susciterebbe perplessità in Italia Viva e anche in parte del Pd, dove non manca chi non vuole rinunciare al sindaco e teme – con l’eventuale indicazione di Castelletti in quota dem – di dover rinunciare anche al vice. Muchetti, all’interno del Partito democratico, sembra oggi il candidato più forte, osteggiato però dalla sinistra interna, ma davanti a Manzoni.
Nel frattempo, il voto delle elezioni politiche ha proposto un nuovo nome per la città: quello di Roberto Rossini. L’ex presidente nazionale di Acli sembra piacere a molti, ma sconta il “peccato” di essere fuori dalla rosa di nomi indicata da tempo dal sindaco (che rimane anche tra i possibili candidati alla presidenza della Regione). A schierarsi esplicitamente su Rossini, secondo quanto riporta il Giornale di Brescia, sono stati i Verdi, che puntano al 4 per cento e – invocando discontinuità rispetto alla giunta – si dicono pronti a correre da soli candidando una donna se non si dovesse trovare un accordo.