Referendum sulla giustizia: voto No o no voto? | di Claudio Bragaglio *️⃣

"Mi interrogo se, ben oltre i quesiti, non sia il caso di spingersi con coraggio ai confini d’una ulteriore riflessione che esprima una contrarietà anche alla radice politica di quei Referendum"

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Claudio Bragaglio, opinionista BsNews

di Claudio Bragaglio – Condivido il voto unanime che il PD ha espresso per i Referendum sulla giustizia: 5 NO, con possibili distinzioni personali. Anche da Presidente della Direzione Lombarda del PD ho molto apprezzato linea e capacità unitaria del Segretario Letta, come pure il senso di responsabilità delle varie componenti del PD. Un segnale forte che riguarda non solo i Referendum, ma le difficili scelte a sostegno del Governo Draghi e per la drammatica guerra in Ucraina.

La riflessione svolta sia in Direzione regionale che provinciale dall’on. Alfredo Bazoli ha poi evidenziato il rilevante contributo da lui dato per questa soluzione come Capogruppo PD nella Commissione Giustizia.

Ma mi interrogo se, ben oltre i quesiti, non sia il caso di spingersi con coraggio ai confini d’una ulteriore riflessione che esprima una contrarietà anche alla radice politica di quei Referendum.

Che la stagione dei Referendum – dal 1974 sul divorzio in poi – sia stata molto positiva per lo stesso sistema democratico è di tutta evidenza. Ha rotto anche i sigilli arrugginiti d’un sistema bloccato. Ma, a volte nella storia, sullo stesso tronco di grandi operazioni di partecipazione, se ne innestano anche di opposto segno. Il virus del populismo è la conferma di tutto ciò. Così, o per scelte di valore o per strumentalità di vario tipo sono stati promossi, dal 1974 ad oggi, ben più di cento quesiti per 67 Referendum. Con obbiettivi certo tra loro contrastanti, ma segni anche d’una inflazione referendaria che dice d’una crisi della politica e non solo d’una effettiva partecipazione civica. Come quando negli ingranaggi dell’economia si butta anche “cattiva moneta”, non per produrre ricchezza, ma per svalutarla con l’inflazione a danno delle classi sociali meno abbienti. Quindi, al di là dei formalismi da legulei, i vari Referendum vanno ben valutati e tra loro distinti per merito ed opportunità. E se sono trappole politiche ben congegnate, l’interrogativo non dovrebbe limitarsi al dubbio se infilarvici il dito oppure no.

Voto NO o NO voto? In talune occasioni, quindi, riterrei del tutto legittimo e motivato, per l’elettore, anche il non partecipare al voto. E, nella coincidenza con il voto amministrativo che ora ci riguarda, il non ritirare le schede del Referendum, per non concorrere al quorum.

E’ uno sfregio al diritto-dovere del voto? No. Già in una precedente occasione ci si pose tale problema. Ricordo il Referendum del 2009 quando costituimmo a Brescia, presieduto dal sen. Mino Martinazzoli, il primo Comitato in Italia per il “Non voto” contro una modifica della legge elettorale, sostenuta anche da esponenti di primo piano del PD. Il tentativo allora era quello di introdurre un rigido bipartitismo, con il premio di maggioranza assegnato al solo partito vincente e non più alla coalizione. Con possibilità che il PDL berlusconiano al 35% potesse avere il 55%. Pure a questo è sopravvissuto il PD! Evidente lo sfascio delle alleanze che invece – nelle città, come a Brescia innanzitutto – si costruivano.

Con Martinazzoli si diceva ai dubbiosi della differenza sostanziale tra il voto della sovranità popolare (dai Comuni al Parlamento) ed il voto promosso da soggetti vari per Referendum di propria iniziativa. Fu un’operazione vincente. Come su scala locale era avvenuto per i due Referendum contro il Metrò (1998-2001), che se oggi orgoglioso sfreccia in città è perché si sostenne un’astensione dal voto “attiva ed operante”, per attestarsi sotto il quorum.

Il quorum è un discrimine di condivisione o meno della contesa stessa, come vien proposta dai “referendari”. A maggior ragione se si tratta di quesiti molto complessi come quelli sulla giustizia, avanzati strumentalmente nel bel mezzo d’un processo riformatore già in atto. E peraltro con furbizia agganciati ad altri – fine vita e cannabis – su cui invece era auspicabile il voto. Quindi, ritengo personalmente motivato il non voto su questi Referendum. Anche come un forte segnale per restituire all’istituto del Referendum il suo vero valore. Contro una spirale svalutativa ed una perversa logica politica che ha persino ostacolato in Parlamento la riforma Cartabia, riguardante proprio parte dei quesiti. Come se il Referendum fosse l’intendenza elettorale d’un partito e non una forma elevata di partecipazione popolare.

* Partito Democratico

** BsNews ospita opinioni di intellettuali, politici, imprenditori bresciani nell’ottica di alimentare il dibattito pubblico con pareri autorevoli: le opinioni espresse in questa rubrica non rappresentano la linea editoriale del sito, ma quella dei rispettivi autori.

Ultimo aggiornamento il 12 Aprile 2024 15:43

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