Morte e rinascita: buona Pasqua a tutti… | 🟢 BRESCIA VISTA DALLA PSICOLOGA

Dopo due anni di pandemia questa è una Pasqua che può permetterci di vivere finalmente appieno il significato profondo di questa ricorrenza, ovvero la rinascita, la nuova vita dopo la morte

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Doriana Galderisi, opinionista BsNews

Non si può seppellire la verità in una tomba: questo è il senso della Pasqua.

(Clarence W. Hall)

di Doriana Galdrisi* – Buona Pasqua cari lettori! Dopo due anni di pandemia questa è una Pasqua che può permetterci di vivere finalmente appieno il significato profondo di questa ricorrenza, ovvero la rinascita, la nuova vita dopo la morte.

Di questa visione positiva abbiamo profondamente bisogno, tanto più in questa Pasqua 2022 che “cade” in un momento in cui la morte violenta e la spettacolarità della morte sono purtroppo preponderanti nella nostra quotidianità, a causa della guerra russo-ucraino in corso.

Si tratta di una riproposizione pressochè continua e quotidiana della morte, in particolare di morte violenta, come violenta fu la morte per tante persone aggredite dal Covid-19 durante questa lunga pandemia. Sono due declinazioni di una tipologia di morte che, in entrambi i casi, “offende”, perché ingiusta, perché “gratuita”, perché assolutamente ingiustificata.

Purtroppo anche in questi giorni l’insieme di tutto questo scenario mortifero e drammatico, in molte persone, ancora provate dalle morti dei propri cari in tempo di pandemia, può amplificare la sofferenza, rendendo difficile elaborare il lutto.

Elaborare il lutto… questa è un’espressione che sentiamo spesso. Ma cosa vuol dire ELABORARE IL LUTTO? In effetti è un’espressione che vuol dire tante cose, ma fondamentalmente il concetto dominante è la capacità di riprendere le fila della propria vita e della propria esistenza, riuscendo a convivere con la perdita, con la morte di qualcuno che ci è caro.

Affrontare le tematiche della morte non è affatto semplice, e ancora più difficile è parlarne, perché la morte è spesso un tema scabroso, è vissuta come un “incidente”, nel senso di qualcosa che viene ad interrompere la nostra quotidianità, qualcosa a cui tendenzialmente non pensiamo quindi, una sorta di “incidente di percorso”, di conseguenza un argomento tabù. Lo ha ben sottolineato il professor don Flavio Dalla Vecchia, direttore dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Università Cattolica ospite lo scorso primo aprile alla puntata de “La scienza di eccellenza”, il ciclo di approfondimenti che sto organizzando anche quest’anno e che ha sempre il patrocinio del Comune di Brescia.

Con il titolo “Ombre di luce. Morire oggi… in tempo di pandemia e di guerra. Il lutto e ‘l’esistere oltre’ tra religione, scienza ed esperienze umane”, quell’incontro in diretta streaming, ha avuto come ospiti anche l’illustre professoressa Ines Testoni, tanatologa, docente all’Università di Padova, che sabato 9 aprile ha presentato, proprio a Brescia, in Vanvitelliano, la sua ultima pubblicazione dal titolo: “Il grande libro della morte” (Ed. Il saggiatore); una presentazione a due voci che è risultata un duetto appassionante e “mozzafiato” con il grande filosofo, professor Umberto Galimberti.

Innanzi tutto va detto che parlare della morte è spesso come dover imparare una sorta di lingua straniera, perché è come se vi fosse un’assenza di un linguaggio adeguato per affrontare il tema, e questa assenza si fa sentire anche nella gestione di questo argomento così delicato tra genitori e figli, per esempio.

Ce lo ha spiegato molto bene la professoressa Ines Testoni, che dirige il master in “Death studies & the end of life”, (ovvero uno dei più importanti centri internazionali di studio sul fine vita presso l’università di Padova) e che in questi due anni ha sviluppato innumerevoli ricerche esplorando un’ampia rete di realtà e collettività che ha a che fare con il “fine vita” in diversi ambiti: dalla comunità dei dolenti a quella dei sanitari, dalla comunità dei sacerdoti a quella dei genitori.

Ebbene… l’elemento che la professoressa Testoni individua come emergente su tutti è proprio la mancanza di un lessico adeguato, che ha reso ancor più complesso confrontarsi con le perdite dovute al Covid-19.

In pandemia le perdite sono state imprevedibili e al di fuori della canonica ritualità, con le persone che spesso non hanno potuto stare accanto al proprio caro morente, non hanno potuto toccarlo, guardarlo, confortarlo. Questo ha comportato lo sviluppo di una serie di profonde problematiche psicologiche a medio e lungo termine, derivanti proprio dall’incompleta o ancora assente elaborazione del lutto.

Il guardare, il toccare, il parlare, il poter condividere con altri il dolore, contribuiscono ad attivare una sorta di “sistema immunitario psichico” che ha la funzione di difenderci dal dolore patologico, perché di per sé il lutto è una reazione sana ma non lo è più quando esso non giunge ad una sorta di ridefinizione, ad una sorta di “intimo accordo”, intima accettazione della perdita.

Ed ecco dunque che compaiono quelle che vengono chiamate derive psicopatologiche del lutto, che noi vediamo sul volto e nello sguardo di molte persone e da questi segnali capiamo come, per molti esseri umani, la morte di un proprio caro sia una ferita ancora aperta, uno squarcio nel cuore così grande da ridurre la capacità di ripresa di una vita “normale”, di una progettualità che oggi, nella fase post pandemica in cui ci troviamo, sarebbe possibile.

Il significato profondo della Pasqua quindi, che è quello della resurrezione, per alcune persone è ancora un cammino lungo da compiere.

Certo, la morte di una persona cara non potrà mai essere veramente accettata né tanto meno dimenticata, perché nella morte di un amato, chiunque esso sia (un figlio, un marito, una moglie, un parente, un amico, un conoscente…) non se ne va soltanto un affetto, ma se ne vanno anche tanti pezzi della nostra vita.

In altre parole, in molte persone, che hanno subito una perdita fondamentale, sono rimasti “congelati” i percorsi luttuosi e, quindi, a livello psichico vi sono ferite e lesioni profonde.

Va infatti sotto il nome di “lutto persistente e complicato” una sofferenza così profonda da compromettere tutta una serie di funzionamenti mentali, emozionali, fisiologici, relazionali. Parlando della morte si è di fronte, in ambito scientifico, ad un cambio di paradigma, di modello interpretativo, perché attualmente si pone l’accento soprattutto sulla grandissima variabilità personale alle reazioni ad un lutto, più che sulla sequenza regolare delle varie fasi di attraversamento del dolore (shock, ansie, rabbia, vuoto, accettazione) e di una sua durata standard. In altre parole si sottolinea come ciascuno reagisca a proprio modo, con personali tempi ad una perdita.

E dunque che cosa differenzia il lutto “normale” da quello patologico? L’elemento distintivo fondamentale va visto nel fermo, nel blocco emozionale e comportamentale della persona in sentimenti depressivi, di rabbia, di astenia, di perdita di interessi e molto spesso anche di perdita delle relazioni. In questi casi è essenziale farsi aiutare, rivolgersi a dei professionisti in modo da percorrere in maniera “personalizzata” il sentiero del dolore.

A proposito di percorso personalizzato va ribadito che vi sono anche morti di serie b, cioè quelle che tecnicamente si definiscono “lutti screditati”. Questi riguardano le persone non ufficialmente presenti nella famiglia, come gli amanti o altre figure non incluse nella cerchia familiare ma che comunque ci accompagnano affettivamente nella vita. Lutti screditati sono anche quelli degli animali, sminuiti e trattati come dolori con meno dignità di esistenza.

Affiancare con delicatezza e competenza tutte le persone che hanno bisogno di andare oltre una morte è un compito cui la medicina, e non solo, non può non assumersi perché, come ricordava la dottoressa Donatella Albini (ginecologa e consigliera comunale con delega alla sanità in Loggia, quindi rappresentante delle istituzioni della città di Brescia) durante la “Scienza di eccellenza”, “nascere e morire, venire al e uscire dal mondo, sono passaggi molto dolorosi”.

Dolorosi e necessari proprio per poter, ogni volta, rinascere, celebrare la propria Pasqua di rinnovamento dopo ogni passaggio traumatico.

 

Con questo messaggio di consapevolezza e di rinascita ci incamminiamo verso un domani che possa essere per tutti noi rinnovato e in cui sia presente sempre in ognuno la forza per superare i “dossi” che lungo la via possiamo trovare.

Per concludere vi segnalo un piccolo “manuale di istruzioni” per parlare della morte ai bambini.

“Viviamo tutti con l’obiettivo di essere felici; le nostre vite sono diverse, eppure uguali.” Anna Frank

Grazie per l’attenzione e appuntamento tra 15 giorni e nuovamente auguri di buona Pasqua!

Doriana Galderisi

CHI E’ DORIANA GALDERISI?

Doriana Galderisi è padovana d’origine e bresciana d’adozione: lavora nel campo della psicologia da più di 27 anni con uno studio in via Foscolo, a Brescia. Esperta in: Psicologia e Psicopatologia del Comportamento Sessuale Tipico e Atipico, Psicologia Criminale Investigativa Forense, Psicologia Giuridica, Psicologia Scolastica, Psicologia dell’Età Evolutiva, Neuropsicologia. E’ inoltre autorizzata dall’ASL di Brescia per certificazioni DSA (Disturbi specifici di Apprendimento). E’ iscritta all’Albo dei CTU, all’Albo dei Periti presso il Tribunale Ordinario di Brescia e all’Albo Esperti in Sessuologia Tipica e Atipica Centro “il Ponte” Giunti-Firenze.

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