Severino, Allegri e Mabellini: l’8 novembre la celebrazione al Vantiniano

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Cimitero Vantiniano, Portale di ingresso, foto di Gloria Berardi

Lunedì 8 novembre, alle 15, nel cimitero Vantiniano si terrà un evento musicale in occasione della celebrazione dei bresciani illustri sepolti al Famedio, con l’inserimento in questo elenco di tre figure scomparse nel 2020: Cesare Allegri, Anna Mabellini ed Emanuele Severino.

Alla presenza del sindaco Emilio Del Bono si esibirà la cantautrice e violoncellista Eleuteria Arena. Alla musica farà da contrappunto la lettura di brani scelti a cura dell’attore Luciano Bertoli. Dalle 14.30 sarà disponibile una navetta gratuita per raggiungere il Famedio e l’accesso sarà consentito solo con certificazione verde fino ad esaurimento posti.

COS’E’ IL FAMEDIO?

All’interno dell’area monumentale del cimitero Vantiniano è situato il Famedio, edificio destinato ad accogliere e tramandare il ricordo dei bresciani più illustri.

La giunta comunale di Brescia, nel marzo del 2015, ha deciso di adottare un regolamento che disciplina l’ammissione dei cittadini meritevoli agli onori del Famedio, affidando a un’apposita commissione la scelta dei nomi. Ogni anno il 9 novembre, giorno della posa della prima pietra del Cimitero Vantiniano, vengono celebrati i bresciani illustri o benemeriti deceduti l’anno precedente, mediante l’apposizione dei loro nominativi su lapide commemorativa presso il Famedio.

Secondo il Regolamento sono cittadini illustri “coloro che abbiano meritato per opere letterarie, scientifiche, artistiche o per atti insigni, o che si siano distinti particolarmente nella storia patria. Cittadini benemeriti sono coloro che abbiano arrecato alla città particolare lustro e benefici

I BRESCIANI CHE SARANNO CELEBRATI L’8 NOVEMBRE

CESARE ALLEGRI

Deputato – Consigliere Comunale – Direttore Ascom, Brescia 8 gennaio 1934 – 15 maggio 2020

Direttore dell’Ascom per oltre trent’anni, consigliere comunale e per tre volte eletto alla Camera dei Deputati, Cesare Allegri è stata figura di riferimento autorevole per l’intero vivace mondo associativo della seconda metà del Novecento.

Nato a Brescia l’8 gennaio 1934, respirò fin da giovanissimo, in famiglia, l’impegno civile e sociale che aveva portato suo padre Umberto ad essere esponente di spicco del mondo agrario bresciano a livello provinciale e nazionale, oltre che sindaco di Gambara in una fase importante dell’immediato secondo dopoguerra. Frequentò il liceo classico presso l’istituto Cesare Arici e dopo la maturità scelse gli studi di economia e legge laureandosi il Giurisprudenza. Subito dopo la laurea entrò negli uffici dell’Ascom, l’associazione bresciana dei commercianti che aderiscono alla Confcommercio, assumendo ben presto il ruolo di direttore che mantenne dal 1961 al 1995. Ai vertici dell’Ascom, sotto la presidenza di Mario Cavellini e successivamente, di Ferruccio Rossi Thielen, divenne protagonista autorevole per l’intero comparto del commercio bresciano. A lui veniva riconosciuta una competenza tecnica efficacemente associata alla capacità di creare condivisione e partecipazione.
Aveva da poco compiuto trent’anni quando nel 1964 venne eletto in Consiglio comunale, nelle fila della Democrazia cristiana, particolarmente apprezzato dal sindaco Bruno Boni. Sui banchi della Loggia restò fino al 1970, anche dopo che nel 1968 venne candidato ed eletto alla Camera dei Deputati, sempre nelle liste della Dc. Intensa la sua attività parlamentare: sono 68 i progetti di legge presentati anche con la sua firma. Tra il 1968 e il 1969 fece parte della Commissione finanze e tesoro e della Commissione speciale per l’esame delle proposte di legge concernente la disciplina degli immobili urbani. Fu membro anche della Commissione speciale per la disciplina dei contratti di locazione degli immobili urbani, tra il 1973 e il 1975, e della Commissione difesa, tra il 1976 e il 1979. Per tutti e tre i mandati legislativi fece parte e fu tra le voci più autorevoli della Commissione industria e commercio, artigianato e commercio con l’estero. Lasciò la Camera, per sua scelta, nell’aprile 1979, dopo la fine del quinto Governo Andreotti.

L’esperienza maturata a Roma ebbe importanti ricadute nel ruolo direttivo che ebbe ai vertici dell’Ascom. Non solo per il settore del commercio, rimase esponente autorevole e influente anche dopo il ritiro dai ruoli operativi. Pur defilato dall’impegno diretto, non venne mai meno il suo ruolo di consigliere in campo politico e amministrativo. Al centro della sua attività il rapporto costante tra l’associazione e il territorio – nella convinzione che i corpi sociali intermedi sono il fulcro della convivenza e del progresso – e il portare le istanze del commercio bresciano sui tavoli della politica nazionale, alla quale dedicò fino all’ultimo la sua attenzione.

ANNA MABELLINI

Magistrato – Presidente della Fondazione Clementina Calzari Trebeschi Brescia 29 settembre 1939 – 24 dicembre 2020

Donna di profonda cultura, magistrato illuminato e presidente di grande spessore della Fondazione Clementina Calzari Trebeschi. Molto stimata e apprezzata come giudice, è stata tra le prime donne ad accedere alla Magistratura italiana. Già Giudice della Corte di Cassazione, nel 2004 aveva ricoperto il ruolo di Presidente di Sezione della Corte di Appello di Brescia. Sapeva essere ferma e al tempo stesso equilibrata nei suoi giudizi. Con il suo lavoro ha saputo trasmettere un senso di fiducia nei confronti di un’istituzione fondamentale per la vita democratica di un Paese ma che spesso rischia di non godere di una reputazione positiva.

Anna Mabellini ha contribuito con passione ed entusiasmo alla vita pubblica e culturale della nostra città, offrendo un esempio di grande rigore, semplicità e generosità. Si è spesa, senza risparmiarsi, per la sua polis. Per tre mandati è stata Presidente della Fondazione Clementina Calzari Trebeschi, la Fondazione nata, pochi giorni dopo lo scoppio della bomba di Piazza Loggia, nel nome di una delle vittime e in memoria di tutti i caduti di quel tragico giorno per dare continuità al loro impegno civile attraverso una serie di attività culturali in campo storico, filosofico e scientifico che da allora sono proseguite ininterrottamente.

Ha lasciato un grande vuoto nel mondo culturale bresciano al quale si era dedicata maggiormente dopo la pensione: «Amatissima presidente – così la ricordava nel necrologio la Fondazione Clementina Calzari Trebeschi -, guida intelligente ed equilibrata, persona esemplare, amica generosa». Con lei la Fondazione ha saputo rispondere alle tante domande culturali che arrivano dal mondo della scuola e dei cittadini, mettendo a disposizione gli strumenti del dibattito e del confronto: cicli di conferenze, convegni, dibattiti, seminari e pubblicazioni hanno caratterizzato l’impegno della Fondazione che può contare anche su una biblioteca di storia contemporanea e di storia della scienza dotata di 22.000 volumi. Con la Fondazione si era impegnata, anima e corpo, nella realizzazione de “I pomeriggi in San Barnaba”. Nonostante l’età avanzata, fino all’ultimo giorno non ha perso l’entusiasmo e il desiderio di progettare. Tra i suoi sogni nel cassetto c’era la realizzazione di un polo del Novecento bresciano. A lei guardano con ammirazione quanti provano a seguirne le orme in campo culturale.

EMANUELE SEVERINO

Filosofo – Brescia 26 febbraio 1929 – 17 gennaio 2020

Considerato dalla critica uno dei maggiori filosofi italiani del ‘900, è stato il maggior pensatore nella storia di Brescia. Ha condotto una critica serrata al pensiero dell’Occidente, secondo lui permeato di nichilismo, e al tempo stesso ha saputo divulgare a un pubblico ampio il suo pensiero impervio grazie a una ricca pubblicistica, anche presso editori non specialistici, e grazie alle pagine prima di Bresciaoggi e poi del Corriere della Sera, di cui è stato commentatore autorevole e ascoltato.

Figlio di Federico, militare di carriera originario di Mineo trasferitosi a Brescia, e di Emma Tanghetti originaria di Bovegno in Valtrompia, Severino aveva un fratello maggiore, Giuseppe, studente alla Normale di Università di Pisa entrato in contatto con la filosofia di Giovanni Gentile, morto prematuramente nel corso della Seconda Guerra Mondiale sul fronte francese.

Emanuele Severino si è formato a Brescia, presso il collegio cittadino dei Gesuiti Cesare Arici; fin dalla prima adolescenza ha manifestato uno spiccato interesse per la matematica, la fisica, unito a quello per la composizione musicale. Dalla riflessione musicale passa a un interesse prevalente per la Filosofia, in particolare per le opere di Nietzsche e Schopenhauer.

Nel 1950 si laurea a Pavia come alunno del Collegio Borromeo discutendo una tesi su Heidegger e la metafisica, sotto la supervisione di Gustavo Bontadini. L’anno successivo ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Dal 1954 al 1969 insegna Filosofia teoretica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. I libri pubblicati in quegli anni entrano in forte conflitto con la dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, suscitando vivaci discussioni all’interno dell’Università Cattolica e nella Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio). Dopo un lungo e accurato esame (condotto da Cornelio Fabro) la Chiesa proclama ufficialmente nel 1969 l’insanabile opposizione tra il pensiero di Severino e il cristianesimo.

Lasciata l’Università Cattolica, Severino viene chiamato all’Università Ca’ Foscari Venezia dove è tra i fondatori della Facoltà di lettere e filosofia nella quale hanno insegnato o insegnano alcuni dei suoi allievi (Umberto Galimberti, Carmelo Vigna, Luigi Ruggiu, Salvatore Natoli, Italo Valent). Dal 1970 è professore ordinario di Filosofia teoretica, dirige l’Istituto di filosofia (diventato poi Dipartimento di Filosofia e Teoria delle scienze e, oggi, Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali) fino al 1989 e insegna anche logica, storia della filosofia moderna e contemporanea e sociologia. Nel 2005 l’Università Ca’ Foscari Venezia lo proclama Professore emerito.

Ha insegnato Ontologia fondamentale presso la Facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano; è stato Accademico dei Lincei e Cavaliere di gran croce, inoltre ha collaborato dal 1975 al 2020 con il Corriere della Sera e dal 1974 per pochi anni con Bresciaoggi.

È stato socio effettivo dell’Ateneo di Brescia dal 1968. Nel 1990 è stato insignito del Premio Brescianità. Il 23 dicembre 2015 il Consiglio comunale di Bovegno gli ha conferito la cittadinanza onoraria. Per approfondire il suo pensiero ed estenderne la conoscenza è stata costituita Ases – Associazione Studi Emanuele Severino che ha al suo attivo convegni di caratura internazionale.

Ammirato da colleghi, discepoli e avversari per il rigore logico e l’acutezza teoretica. La fama internazionale non l’ha mai indotto a lasciare Brescia dove – diceva – “mi trovo come nelle mie pantofole”. A Brescia lo legavano anche le amicizie con figure come Bruno Boni, mons. Enzo Giammancheri, Italo Valent.

Il suo pensiero ruotava attorno all’affermazione dell’eternità di ogni ente e la conseguente denuncia del nichilismo del Pensiero Occidentale che ammette il divenire come passaggio dall’essere al niente. A partire da questi principi ha condotto una serrata analisi sul potere della Techne, la tecnica, anche in rapporto ad altri poteri (la Politica, l’Economia, la Religione), senza disdegnare analisi geopolitiche spesso risultate profetiche. Maestro del dialogo, ha condotto alle estreme conseguenze l’uso della confutazione e della contraddizione.

La sua abitazione, in via Calegari 15, per volontà dei figli Federico e Anna è stata destinata a casa-museo e a centro studi internazionale sotto il nome di Centro Casa Severino.

 


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