Un “partito dei sindaci” nel Pd? Meglio un Pd federatore | di Claudio Bragaglio *️⃣

La vittoria del Centro Sinistra e del PD indica la strada per un ampio “campo progressista”. Anche per Brescia, pensando al prossimo voto per la Provincia, il Comune Capoluogo e la Regione

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Claudio Bragaglio, opinionista BsNews

di Claudio Bragaglio – La vittoria del Centro Sinistra e del PD indica la strada per un ampio “campo progressista”. Anche per Brescia, pensando al prossimo voto per la Provincia, il Comune Capoluogo e la Regione.

Leggo quanto sostiene con tono perentorio il Presidente dell’Anci nazionale, Antonio Decaro: “Se Letta ci trascura siamo pronti a fare nel PD il partito dei Sindaci”. Dice alcune cose vere, ma con il sincronismo d’un orologio inceppato. Senza rendersi conto di ciò che è già cambiato. Compresa la liquidazione d’un “congresso straordinario” evocato contro Letta. Per non dire poi del “refrain – anche a Brescia – della carovana in viaggio per il lancio d’una leadership nazionale di Stefano Bonaccini. E che, non a caso, anche Decaro richiama. Parlo non di legittimità, ma di politica visto che l’ultima sua proposta era il rientro di Renzi e di Bersani nel PD, ovvero la paralisi del “rigor mortis”!

Ma là dove arrancava una tale politica è arrivata risolutiva la cogente verità dell’urna elettorale. Che poi questo comporti anche una valorizzazione dei Sindaci è così evidente da non dover attendere lo slancio spericolato d’un Decaro verso porte già spalancate. Ma che ciò avvenga con forme lobbistiche – com’egli evoca, ma nel vuoto d’una politica alternativa a Letta – non mi sembra il massimo, data anche l’alta responsabilità che dovrebbe ricoprire. 

Intanto non è possibile immaginare un “partito nel PD” di tali Sindaci che, quand’anche iscritti, son Sindaci non del solo PD, ma d’un ampio Centro Sinistra Civico. Ma, ancor più incomprensibile, è l’aspetto politico, ben sapendo che i Sindaci iscritti appartengono a tutte le componenti del PD: dal sopravvissuto renzismo a posizioni opposte. Quindi questo suo partito di Sindaci nel PD dovrebbe prescindere dalle loro idee politiche nel …partito stesso! Mi paiono contorsioni su un filo appeso al vuoto.

Ma c’è un punto, posto da Decaro che condivido, ed è quando sostiene che il Centro Sinistra vince nei Comuni, mentre perde alle elezioni generali. Questo è l’argomento clou per il suo “partito dei Sindaci”, ma temo non s’avveda che è proprio ciò che più gli si rivolta contro.

Infatti, perché mai da 15 anni il Centro Sinistra vince nei Comuni e perde nelle elezioni nazionali? La risposta di Letta è stata chiara: la proposta di quell’ampia alleanza sociale, civica e politica di un Centro Sinistra. Quindi: programmi, classe dirigente, rappresentatività, radicamento territoriale. E, a mio parere, si rende anche necessario un sistema elettorale, basato su un “maggioritario di coalizione” o un “proporzionale con premio di maggioranza”, che dir si voglia. Come da proposta, per esempio, dell’on. Stefano Ceccanti. Analogo a quello che si ha nei Comuni. Come al Comune di Brescia, con il PD che è sì il “federatore”, ma pure solo la metà del 54% della coalizione vincente di Emilio Del Bono.

Ma perché si perde a livello nazionale? Per un PD nato nel 2007 all’insegna d’una politica opposta a quella locale. Partito unico del Centro Sinistra, sistema elettorale bipartitico, vocazione maggioritaria che liquidava le alleanze per poter catturare per se stesso il loro voto. Prodi nel suo libro (“Strana vita, la mia”) critica proprio questi modi della nascita del PD e scrive: “quando Veltroni iniziò a parlare di vocazione maggioritaria spinse il mio Governo verso la crisi”.

Proprio questo è il giusto cambio di linea fatto da Letta, ma che sfugge a Decaro. Il PD ha convissuto con due “anime” opposte nel petto. Con una schizofrenia tra la vocazione maggioritaria, a livello nazionale, e l’opposta vocazione coalizionale, a livello locale.

Proprio attraverso i Comuni si forma la base democratica del Paese. Tutt’altro, quindi, che le logiche d’un “partito dei Sindaci”, inteso come “partito in un partito”, o “lobby tra lobbies”. Peraltro con necessari bilanciamenti. Come quello d’un rilevante potere assegnato ai Sindaci, anche per la nomina d’una propria Giunta, ma stabilendo il limite temporale del decennio per il Sindaco. In modo da dar luogo poi ad un nuovo ciclo, con un vero riallineamento ai blocchi di partenza. Anche al fine di impedire l’idea d’un qualche diritto ereditario, o – peggio! – d’una clonazione “ad libitum” d’un personale sistema di potere locale.

Come mai il “partito dei Sindaci” ha condiviso tale schizofrenia nel PD -, in tutti questi anni, fatte salve le eccezioni -, rinunciando così a svolgere un ruolo politico per determinare un cambio di linea, come sarebbe derivata dalla loro diretta e vincente esperienza?

Decaro su questo neppur s’interroga ed è una tomba. Allora sì i Sindaci avrebbero svolto un autonomo ruolo nazionale, senza attendere la svolta di Letta. Come potrebbero anche oggi – ma non con un fantomatico loro “partito” – a fronte d’un rischioso ritorno al proporzionale.

Penso infatti che il “proporzionale” sia un errore se non prevede anche un premio di maggioranza per la coalizione – un modello simil-Ulivo – che assicuri un progetto anche di alleanze e di governabilità, reso esplicito per il Paese. Come avviene per le Città. Evitando così l’errore che il PD ha già fatto in precedenza, seppur di segno opposto. Prima col partito unico ed ora col partito…solitario.

Partito Democratico

Ultimo aggiornamento il 12 Marzo 2024 06:00

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