Dalle prime ore della mattinata di oggi – secondo quanto informa una nota – 150 carabinieri del Comando Provinciale di Brescia stanno eseguendo misure cautelari (coercitiva, interdittiva e patrimoniale) nei confronti di numerose persone residenti in diverse località italiane (Brescia, Milano, Bergamo, Mantova, Lodi, Alessandria, Novara, Varese, Parma, Piacenza). Gli arrestati sono al momento 18 (11 in carcere), tra cui un imprenditore cinese con una “villa faraonica”.
Le persone coinvolte (una 30ina) sono ritenute responsabili di “associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e/o di appropriazione indebita”: avrebbero infatti agevolato alcune società nella sistematica evasione delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e conseguente “trasferimento fraudolento di valori”.
Sono state accertate, inoltrem, “condotte relative alla detenzione ai fini dello spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti (hashish e cocaina)”.
Contestualmente, i militari stanno eseguendo sequestri preventivi di beni mobili e immobili per un ammontare complessivo pari a circa 13 milioni di euro. Sono stati sequestrati 51 beni nelle province di Brescia, Milano, Bergamo, Mantova, Lodi, Alessandria, Novara, Varese, Parma, Piacenza. Ma anche le quote societarie di 4 imprese, una villetta a Chiari, altre 4 tra Brescia, Milano e Bergamo, 7 autorimesse, un magazzino commerciale, 2 terreni in provincia di Brescia e 250 conti correnti in tutta Italia.
L’indagine, denominata “Sweet water”, trae origine dal sequestro di 31 chilogrammi di Hashish con contestuale arresto di tre pregiudicati, avvenuto il 22 luglio a Rezzato. Nel 2018 la svolta, con l’individuazione di un’associazione a delinquere finalizzata a reati di natura fiscale che avrebbe movimentato nel tempo denaro per 32 milioni di euro e di una seconda, con ramificazioni internazionali, che importava droga dalla Spagna.
IL MECCANISMO DELLA MAXIEVASIONE
“Il progetto criminale – sintentizza una nota – consisteva nella costituzione di temporanee società “cartiere” fittiziamente intestate a consapevoli e retribuiti “prestanome”, mediante le quali venivano emesse plurime fatture per operazioni inesistenti, del valore anche di centinaia di migliaia di euro, in favore di società compiacenti realmente esistenti e regolarmente operative nel settore dell’edilizia, della lavorazione tessile o dei metalli. Queste ultime, alla ricezione della concordata falsa fattura, disponevano un’equivalente bonifico all’indirizzo del conto corrente della “cartiera” al duplice fine di attribuire una parvenza di liceità all’operazione commerciale in realtà solamente simulata e di ottenere così il trasferimento delle somme di denaro. Non appena ricevuto il pagamento sul conto delle “cartiere”, gli indagati inviavano le medesime somme in conti correnti esteri (in Francia, Ungheria, Bulgaria e Cina), gestiti da un uomo e dai suoi due figli che, attraverso la complicità di un cittadino cinese, monetizzavano il denaro con prelievi di contante, restituito agli indagati che, a loro volta, lo riconsegnavano agli amministratori delle società realmente operative che avevano incassato la fattura fittizia e disposto il primo bonifico (ovviamente al netto del prezzo del reato stabilito complessivamente attorno al 7% di ciascuna falsa fattura emessa e pagata). Così facendo, ossia simulando spese in realtà mai sostenute (poiché, come visto, il denaro trasferito veniva poi restituito), le società realmente operative coinvolte nell’attività illecita, oltre a disporre di ingenti somme di denaro contante di provenienza illecita, ottenevano l’erosione della propria base imponibile ai fini delle imposte sul reddito, funzionale ad una consistente evasione fiscale (sia di imposte dirette che indirette). Il successivo sequestro delle scritture contabili, disposto dall’AG nei confronti di tutte le imprese coinvolte, ha confermato il quadro investigativo emerso nella prima fase, consentendo di meglio delineare le diverse responsabilità penali in capo a ciascun indagato e quantificare l’evasione fiscale per un importo di molto superiore ai 9 milioni di euro per il solo anno 2018 e parte del 2019″.
+++ ARTICOLO AGGIORNATO ALLE 11.06, AGGIORNATO ALLE 17.12 +++
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