di Stefano Bergomi* (stefano.bergomi@tin.it) – Nel pensiero di Emanuele Severino, stimato filosofo e accademico bresciano, la concezione del tempo è rappresentata dal sopraggiungere, il venire avanti degli eterni nella coscienza, e il loro andarsene. Un’interpretazione originale che si contrappone alla visione aristotelica del tempo come numero del movimento delle cose (il divenire), secondo il prima e il poi.
Nelle due definizioni è individuabile una dicotomia antitetica.
La stessa che nel mondo del vino contrappone due opposte fazioni, da una parte chi misura il tempo in funzione dell’evoluzione del vino durante il suo affinamento, dall’altra chi lo valuta in funzione del mutare di stagione lasciando i grappoli d’uva ad appassire sui tralci di vite. Se il cambiamento è il metro di misura che le accomuna, le due filosofie di interpretazione divergono per il soggetto a cui si guarda. Nel primo caso il vino, quando vino è già, nel secondo l’uva, quando vino non è ancora.
In particolare, nel secondo caso si parla di “vendemmia tardiva” perché la raccolta avviene ad autunno inoltrato, con uve “surmature”, dove l’appassimento naturale in pianta permette la disidratazione dei grappoli e la concentrazione degli zuccheri.
Tra i migliori riferimenti mondiali di tale tipologia viene annoverata la Francia, con i vini da ”Vendage Tardive” della Regione alsaziana. Da quelle parti si vinificano Gewürztraminer, Pinot Grigio e Riesling, ma solo nelle annate favorevoli per clima e condizioni. In alcuni casi, la pazienza dei vignaioli viene premiata dalla formazione sugli acini di una muffa nobile, la botrytis cinerea, che permette l’elevazione in potenza di aromi e sapori.
La pratica della vendemmia tardiva è stata intrapresa anche nella provincia bresciana, in particolare nella denominazione del lugana, con l’ultima modifica del disciplinare nel 2011.
Lo stesso Consorzio la definisce come “sperimentale”, la vendemmia è attesa tra la fine di ottobre e la prima parte di novembre, con concentrazione delle uve tale da consentire un titolo alcolometrico di almeno 13% vol., e successivo affinamento del vino di almeno un anno. Spicca per tonalità giallo dorate, profumi intensi e gradevoli, sapore armonico, denso ma non eccessivamente dolce, grazie all’acidità che caratterizza l’uva turbiana, con cui viene fatto il lugana. Per la degustazione è consigliabile aprire la bottiglia con un poco di anticipo, circa mezz’ora, per consentire al vino l’ossigenazione rispetto ad eventuali note di riduzione dovute al processo di vinificazione, con mantenimento della temperatura di servizio a 8° C, in modo da bilanciare l’avvolgenza data dal residuo zuccherino. Per l’abbinamento gastronomico, può essere valorizzato in accompagnamento a formaggi, soprattutto erborinati, o a pasticceria secca non dolce.
Le bottiglie prodotte sono poche migliaia, e spesso destinate al canale horeca (hotel/ristoranti/catering). Ad oggi solo 3 cantine si sono cimentate in questa tipologia produttiva:
Tenute Roveglia
La storia della cantina Tenute Roveglia racconta di dedizione agricola e di coltivazione della vite da diverse generazioni, a partire dall’avo Federico Zeweifel, che nel XIX secolo lasciò la natia Svizzera per trasferirsi sulle sponde del lago di Garda, in cerca di fortuna. Il suo occhio attento e lo spirito imprenditoriale lo portarono ad acquistare terreni, vedendo del potenziale inespresso in quelle terre in molti casi abbandonate.
La sua opera fu continuata dalle generazioni successive, soprattutto dal nipote Giovanni Felice Azzone nel campo vinicolo. Nonostante la carriera da professore ordinario di Patologia Generale all’Università di Padova volle occuparsi direttamente della gestione della tenuta di famiglia, introducendo a partite dagli anni ottanta del secolo scorso metodi innovativi di produzione, ricerca scientifica in laboratorio, e investimenti tecnologici in cantina.
Filo di Arianna 2017
Il vino deriva da vigne vecchie di oltre 55 anni, poste a dimora su terreni pianeggianti argilloso-calcarei.
Vendemmia tardiva, tra la prima e seconda decade di novembre, a mano in piccole casse. Vinificazione attraverso spremitura soffice, con resa al massimo del 50%, e fermentazione in botti di rovere da 30 ettolitri.
Il colore giallo dorato anticipa la spiccata personalità. Al naso si impone la mandorla tostata, accompagnata da sentori minerali, di frutta candita, pesca sciroppata e ginestra. Anche un ricordo di miele e zafferano. In bocca l’ingresso è delicato, ma di buona avvolgenza e armonia. Lungo nel finale.
* Sommelier per passione
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