Emergono già i primi problemi per quanto riguarda il Green Pass, il passaporto sanitario grazie al quale è – ma sarebbe meglio usatilizzare il verbo al condizionale – possibile viaggiare in Italia e all’estero. Due in particolare le questioni aperte: una riguarda i requisiti per il rilascio del certificato (che il governo sta meditando di cambiare), l’altra è relativa alla somministrazione di due vaccini differenti per coloro che in prima dose hanno ricevuto AstraZeneca e in seconda Pfizer o Moderna. La certezza, per ora, sono i disagi e i dubbi di molti.
Attualmente il Green Pass in Italia è efficace dopo due settimane dalla somministrazione della prima dose. Ma il Governo e le autorità sanitarie nutrono preoccupazioni legate alla variante Delta e stanno analizzando con grande attenzione la situazione della Gran Bretagna. Secondo quanto annunciato, non è escluso che tra un paio di settimane si possa passare al rilascio del passaporto vaccinale solo dopo la somministrazione della seconda dose. Ma a quel punto rimarrebbero aperti diversi problemi. Non ultimo quello legato al fatto che molti italiani – in procinto di recarsi a matrimoni o a eventi che richiedono il Green pass – non hanno ancora ricevuto la seconda dose non per volontà, ma per le tempistiche tecniche legate alle disponibilità delle Regioni. E’ lecito escluderli dal Green Pass? Chi pagherà il loro tamponi?
Per quanto riguarda le cosiddette vaccinazioni eterologhe, ossia la prima dose fatta con un vaccino (AstraZeneca) e la seconda con un altro (Pfizer o Moderna), sono numerosi i disguidi che si stanno già creando. Sui certificati di chi – non per scelta, ma per decisione delle autorità sanitarie – ha ricevuto l’eterologa, infatti, risulta un solo vaccino (l’ultimo) e molti – stando alle testimonianze diffuse da diversi media – si sono già visti respingere alla frontiera per questo. Inoltre molti Paesi, oggi, non riconoscono l’eterologa come doppia vaccinazione.
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