Un’importante indagine condotta dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Brescia ha portato alla luce un presunto traffico illecito il cui risultato sarebbe stato lo smaltimento nei campi del nord Italia di circa 150mila tonnellate di fanghi tossici. I materiali – contaminati con metalli pesanti, idrocarburi e altri veleni – sarebbero stati sparsi su oltre 3mila ettari tra Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte.
Il fulcro dell’attività, che avrebbe originato un business da 12 milioni di euro, sarebbe stato collocato proprio nel bresciano, in un’azienda operante nel settore del recupero dei rifiuti con tre stabilimenti, ora posti sotto sequestro, collocati nella Bassa.
Stando alle indiscrezioni riportate da diverse fonti (e ovviamente ancora da confermare), sembra che l’azienda ritirasse i fanghi prodotti da impianti pubblici e privati ma invece di “bonificarli” e trasformali in fertilizzanti lì arricchisse con altre sostanze inquinanti, per poi spacciare il tutto come “gessi di defecazione” che successivamente venivano distribuiti e smaltiti nei terreni agricoli di numerose province (Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza).
Al momento risulterebbero coinvolte – a vario titolo – nell’indagine 7 aziende e 15 persone. Inoltre sono stati sequestrati una decina di conti correnti e sono stati apposti i sigilli a fabbricati, terreni, autovetture e mezzi agricoli. Oltre al traffico di rifiuti, tra le ipotesi di reato c’è anche quello delle “molestie olfattive”: se confermato potrebbe trovare in questo la spiegazione degli odori molesti segnalati dai cittadini di diverse zone della provincia.
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