Ebbene, con il Covid questa tendenza ha subito una nuova accelerazione. Non un pericoloso bolscevico, ma Carlo Rovelli, collaboratore del Corriere, scrive che “il peso economico per salvare la vita dei nostri concittadini lo stanno pagando in molti, mentre una fascia più ricca si sta arricchendo ancora di più.”
Il valore delle azioni di Amazon si è raddoppiato, i depositi bancari, in Italia, in ottobre sono aumentati del 9,5% rispetto al 2019.
Il conto della pandemia, per adesso, è a carico del debito pubblico. Non può essere così in eterno. Bisogna decidere chi parteciperà a questo sforzo collettivo. Non è più eludibile, almeno per la sinistra, il tema di un riequilibrio, di una ridistribuzione dei redditi.
Per questo la riforma fiscale non potrà che essere centrale nelle prossime leggi di bilancio. Non si tratta di far piangere i ricchi, ma l’introduzione di un’imposta patrimoniale (che unifichi tutte le minipatrimoniali esistenti) a basse aliquote progressive, il ripristino di una tassa di successione liberale e la ridefinizione degli scaglioni Irpef devono diventare gli imperativi categorici di una sinistra riformista. In caso contrario la destra continuerà ad avere davanti a sé praterie per praticare il sovversivismo delle classi dirigenti e far sì che i poveri continuino a votare per i ricchi, dalle cui tasche gocciolanti non arriverà mai niente, diversamente da quanto ancora sostengono i teorici del trickle-down.
È evidente che una politica siffatta non può che partire dall’alto, ma, anche in basso, negli enti locali, è necessario orientare le politiche, e i prossimi bilanci, in questa direzione. Non ci sono ampi margini di manovra, per come è strutturata la finanza locale, ma rivedere imposte e tariffe, facendo pagare di più chi ha di più mi sembra una strada da esplorare. Insieme alla sperimentazione di forme di reddito universale di base.
In passato il municipalismo riformista, anche a Brescia, penso a quello socialista del primo dopoguerra e a quello dell’Ulivo, ha avuto, in questo senso, una forza mimetica.
Sarebbe un bel segnale se, in terra bresciana, il Covid venisse interpretato come il kairos, il tempo opportuno, per cominciare a disegnare un mondo nuovo che imbocchi a ritroso la via percorsa in questi ultimi quarant’anni.