Il delitto di Sana Cheema rischia di rimanere senza verità. Il padre e il fratello della giovane di origine pakistana uccisa nell’aprile del 2018, infatti, sono ancora irreperibili e dunque il processo non può iniziare: l’udienza del 3 novembre, riferisce il Gdb, sarà rinviata come la precedente e il rischio concreto è che non si riesca mai a entrare nel merito.
La giovane, lo ricordiamo, era morta in circostanze sospette dopo un viaggio nel Paese d’origine. Poche ore prima di tornare a Brescia. L’ipotesi degli investigatori – che sarebbe stata inizialmente confermata dai parenti – è quella che la 24enne sia stata convinta a recarsi in Pakistan con una scusa e lì sia stata barbaramente strangolata dal padre e dal fratello. Che prima erano stati incarcerati e poi assolti per insufficienza di prove.
Secondo quanto ipotizzato dalla Procura Sana sarebbe stata uccisa perché rifiutava di accettare le nozze combinate per lei dalla famiglia. Un problema che riguarda anche molte famiglie di immigrati di seconda generazione, soprattutto Pakistani: nel Bresciano, infatti, la cronaca recente ha raccontato anche di ragazze minorenni allontanate d’imperio dalle famiglie per il rischio che il loro legittimo rifiuto provocasse gesti tragici.
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