Apre certamente nuove prospettive di analisi della tragedia il risultato dell’autopsia, di cui danno conto tutti i giornali do oggi. Il piccolo Ansh, il bambino indiano di 7 anni morto nella piscina Lamarmora di via Rodi, è annegato e non è morto per un malore.
Così, almeno, dice il responso dei medici legali, che – secondo alcune fonti – farebbe intendere come il piccolo sia rimasto due-tre minuti prima di essere portato fuori dalla piscina. L’accertamento, infatti, ha trovato acqua nei polmoni del bambino e il decesso non sarebbe giustificato con concause evidenti (come un malore per patologie congenite).
La procura ha iscritto al registro sette persone (i genitori e cinque assistenti della piscina) e indaga sull’ipotesi di omicidio colposo: un atto dovuto per permettere ai consulenti di parte di presenziare e di aiutare tutti a chiarire la dinamica della tragedia, dando risposte ai quesiti che sorgono spontanei. Il piccolo, che non sapeva nuotare, si è tuffato da solo? Era affidato alle cure di qualcuno? L’intervento di salvataggio è stato tempestivo? In attesa delle risposte – che si spera confermino l’inevitabile fatalità – rimane solo il dolore.
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