Fa parte di quegli impianti che sono stati definiti “il cuore del Ponte”, di quelle opere che ci sono, che contribuiscono a rendere la nuova grande infrastruttura – costruita a Genova dopo il drammatico crollo del Ponte Morandi nel 2018 – sostenibile e moderna, ma che da fuori non si vedono.
A realizzare il sofisticato impianto idraulico di raccolta delle acque piovane e degli eventuali liquidi provenienti da sversamenti anomali sull’impalcato è stata un’azienda bresciana, una delle 330 imprese di Liguria, Lombardia e Piemonte che hanno lavorato alla realizzazione del nuovo ponte (oltre 80 solo dalla Lombardia, tra cui altre bresciane) e che non hanno smesso di farlo, con tutte le restrizioni del caso, quando il Paese era fermo per l’epidemia di Coronavirus.
Si tratta di un’impresa specializzata su tanti fronti del mondo delle costruzioni, tra cui gli impianti idraulici, una delle molte eccellenze bresciane: a svolgere i lavori per l’impianto idraulico è stata infatti la Panizza 1914, nome che deriva dall’anno dell’azienda, giunta ormai alla quarta generazione.
La sfida della Panizza 1914 era quella di installare un complesso impianto di gestione delle acque piovane diviso in tre fasi: la prima di raccolta dell’acqua che cade sul viadotto; la seconda il suo stoccaggio e, laddove serva, la purificazione; e la terza lo scarico a valle. Tutto attraverso reti di tubi e impianti nascosti dentro l’impalcato.
«All’inizio – racconta oggi Mario Panizza, direttore tecnico della Panizza 1914 – nutrivo qualche perplessità che un’azienda come la nostra potesse ben integrarsi in un cantiere così complesso, poi mi sono reso conto che la grande qualità organizzativa degli ingegneri e dei tecnici del cantiere, non solo ci ha permesso di dare il nostro contributo, ma ci ha anche aiutato a rispettare i tempi strettissimi del cronoprogramma». «Per farlo – continua Panizza – sono state scelte delle tubazioni speciali in vetroresina, che generalmente si usano per opere sottomarine, che resistono molto bene alla corrosione, sono molto flessibili e danno grande scorrevolezza all’acqua. Questo ha permesso di ridurre il diametro dei tubi che passano dentro l’impalcato».
I tubi raccolgono le acque dal piano strada e le portano a 4 grandi collettori, due sul lato Levante e due sul lato Ponente, che scaricano all’interno delle pile. In caso di uno sversamento eccezionale, come ad esempio un camion che perde gasolio, il sistema rileva il liquido inquinante e lo trasporta in una apposita vasca, dove il liquido viene avviato a un trattamento speciale. Un diverso trattamento è previsto anche per i primi 5 millimetri di pioggia, considerati più inquinanti dei successivi perché possono portare con sé anche residui raccolti sul manto stradale.
«Non è stato un lavoro semplice – conclude Panizza – anche per via delle condizioni atmosferiche e del posizionamento degli impianti dentro l’impalcato. Siamo però molto orgogliosi di aver partecipato alla ricostruzione del ponte. Personalmente, girando per Genova, ho sentito la riconoscenza dei genovesi per quello che stavamo facendo. E questa, insieme al riconoscimento della capacità tecnica e della passione dei miei tecnici, è sicuramente la soddisfazione più grande».
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