CORONAVIRUS, il sindaco di Gussago attacca: la Regione segue l’immunità di gregge?

"Perché ATS non rende noti tutti i sospetti contagiati che i medici di famiglia comunicano giornalmente? Perché si temono i dati reali?"

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Il sindaco di Gussago Giovanni Coccoli, foto da pagina ufficiale

“Perché ATS non rende noti tutti i sospetti contagiati che i medici di famiglia comunicano giornalmente? Perché si temono i dati reali?”. E ancora: “Quale politica sta seguendo la Regione Lombardia? Forse l’immunità di gregge?”. Sono queste alcune delle domande che il sindaco di Gussago Giovanni Coccoli pone in una lunga lettera aperta indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

“L’ho scritta – commenta Coccoli sui social – perché mi preoccupa che ad oggi, 21 aprile, in Italia ci siano ancora 534 deceduti ufficiali, di cui 203 in Lombardia; da aggiungere gli “ufficiosi”. Mi preoccupa che ad OGGI non vi sia un piano di apertura con linee guida specifiche e il 3 maggio è fra due settimane”.

IL TESTO INTEGRALLE DELLA LETTERA DEL SINDACO DI GUSSAGO A CONTE E MATTARELLA

Stimatissimo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
Illustre Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte

Non so più a chi rivolgermi.
Sento che siamo abbandonati,
sento che non ci sono date indicazioni,
sento forte la tristezza,
sento lo sconforto di quelli che voi chiamate numeri, ma che in realtà sono i miei concittadini, che uno dopo l’altro se ne stanno andando,
sento forte l’appello dei medici degli infermieri, degli operatori socio sanitari,
sento assordante il grido di aiuto degli abitanti del mio paese, a cui spesso non posso rispondere e mi sento impotente nell’impossibilità di affrontare i loro problemi,
sento impellente la preoccupazione delle imprese, delle attività economiche e produttive del mio territorio,
sento che la “politica” sta prendendo il sopravvento sull’emergenza,
sento che devo difendere i miei cittadini.

Sono il sindaco di Gussago, un comune della provincia di Brescia, 17.000 abitanti. Il sesto Comune del bresciano per numero di morti, dall’inizio di questa epidemia e il nono per numero di contagi. Non so se secondo i vostri parametri questi numeri siano alti o bassi, ma io sono stanco di sentire i malati e i morti trattati come freddi numeri, quindi lo ribadisco a voce alta: per me sono troppi.
E allora ve li elenco questi numeri ed entro anche nello specifico di come li percepisco io e di come li registrano le istituzioni con cui dovrei collaborare ogni giorno.

Ho 160 casi di cittadini positivi, calcolati però al netto dei casi positivi riscontrati nella nostra RSA, sommando i quali saliamo a 178.
E qui nasce la prima domanda: perché gli anziani ospiti delle RSA non entrano nelle statistiche? Sono cittadini di serie B? Non meritano il nostro interesse? O forse dato che “ci siamo” accorti tardivamente che erano i più vulnerabili, non vogliamo farli entrare nella macabra classifica giornaliera? Questi sono i numeri dei positivi noti, quelli a cui è stato effettuato il tampone. Ma tutti i loro parenti conviventi? Quelli che hanno incontrato nei giorni precedenti alla comparsa dei sintomi? Chi sono? Dove sono? Perché abbiamo smesso di mapparli? E I cittadini che hanno chiamato per giorni e giorni i numeri dell’emergenza perché SINTOMATCI e non sono stati ascoltati, finché stremati non sono giunti in ospedale? O addirittura sono morti in casa? E Tutti coloro che, fra paura e solitudine, hanno superato la malattia silenziosamente?
E perché ATS non rende noti tutti i sospetti contagiati che i medici di famiglia comunicano giornalmente?
Perché si temono i dati reali?

41 sono i decessi a Gussago dall’inizio dell’epidemia, naturalmente sto sempre parlando dei casi certificati da ATS Brescia. Ma il dato che deve far riflettere e sul quale insisto da tempo, è che nel mese di marzo 2019, nel mio comune ci sono stati 13 decessi, mentre nel marzo 2020 sono stati 47. Ad aprile 2019 abbiamo registrato 11 decessi, mentre ad aprile 2020 (aggiornati al 21) siamo a 36 decessi. Non vi pare che ci sia qualcosa che non torna? Credetemi, io sono a conoscenza di molte persone decedute, che avevano evidenti sintomi da Covid-19, ma nessuno gli ha mai somministrato il tampone. Anzi, quando i miei concittadini e amici hanno chiamato, li hanno fatti sentire “inadeguati”. E insieme a loro si sono ammalati i famigliari.

Io, e numerosi altri sindaci lombardi, non ne possiamo più di ribadire sempre gli stessi concetti: vogliamo semplicemente essere ascoltati e vogliamo che vengano messe in atto PROCEDURE IMMEDIATE per risolvere i problemi dei nostri territori, vogliamo un programma dettagliato di gestione dell’emergenza, non propaganda politica e false informazioni.
E ancora mi chiedo: “quale politica sta seguendo la Regione Lombardia?” Forse l’immunità di gregge? Questo dubbio mi assale quando l’impotenza e la rabbia prendono il sopravvento, altrimenti non si spiegherebbero i ritardi, le menzogne, i proclami che non hanno un seguito. Gli attacchi politici di cui francamente ne possiamo fare a meno. Non si spiegherebbe perché in Lombardia, con un sistema efficiente di sanità che è innegabile, vi siano stati più della metà dei morti registrati in tutta Italia. E non venitemi a dire che si tratta della densità della popolazione, perché ora che il fenomeno è scoppiato in tutta Italia, in tutta Europa, in tutto il mondo, è evidente che in Regione Lombardia qualcosa NON ha funzionato.

Quindi, ecco elencate le mie richieste:

1) Abbiamo sul territorio i SAD (Servizi di Assistenza Domiciliare) chiedo che: sia agli assistiti (uomini e donne anziani) sia agli operatori che li curano, vengano fatti i tamponi. Questi ultimi sono persone che potrebbero essere causa di contagio nei confronti dei loro pazienti, ma anche dei famigliari e di tutti quelli che a loro volta frequentano. Lasciare che si muovano senza controlli, sul territorio e a contatto con persone fragili, è altamente pericoloso.

2) Chiedo DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) per tutti i medici di base, che senza dispositivi non possono nemmeno recarsi a visitare i loro pazienti, ma devono essere protetti anche nei loro ambulatori. Così come li chiedo per tutti gli infermieri e operatori che prestano il loro servizio di assistenza domiciliare, a questi non bastano le mascherine chirurgiche (che peraltro sono insufficienti anche per la popolazione), ma hanno bisogno di mascherine FFp2 o FFp3, tute e camici, visiere, copri calzari. Voglio le bombole di ossigeno, saturimetri e i respiratori per i cittadini che sono in casa malati e hanno paura ad andare in ospedale. Ma vi pare che nel 2020 in Italia non si riesca a produrre e reperire tutto ciò? Che un Sindaco debba MENDICARLI?

3) Voglio un monitoraggio attento e scrupoloso sull’isolamento obbligatorio domiciliare post-dimissione da ospedale: non è possibile dimettere un paziente positivo, lasciando al suo buon senso affinché si metta in isolamento in una stanza separata con bagno esclusivo, come indicato dal decalogo, senza un serio monitoraggio. Abbiamo avuto più di un caso dove tutto ciò non è avvenuto, ma non per noncuranza, ma per indisponibilità di spazi. Queste situazioni hanno causato contagi all’interno del nucleo famigliare, dove ho potuto e ho saputo sono intervenuto io, ma vi sembra una cosa normale? A mio avviso no. Ritengo sia gravissimo poiché a rischio è la salute e la vita delle persone. Dateci almeno precise indicazioni su chi deve controllare queste situazioni.

4) In Lombardia NON vengono sottoposti a tampone NEMMENO i famigliari dei RICOVERATI per Covid, che magari sono a casa e stanno male e non hanno notizie del proprio caro per giorni interi. Ma solo a me ricorda certe scene dei Promessi Sposi? Quando si attendevano i monatti con il carretto per portarsi via i morti? Ma vi pare possibile OGGI a questa latitudine del mondo? E aggiungo che non solo non viene fatto il tampone, ma in molti casi nemmeno vengono sentiti telefonicamente da ATS per accertarsi sul loro stato di salute. E badate bene che capita anche se si ha un paziente deceduto per COVID in casa, anche se si mostrano evidenti segni della malattia: nessun tampone, nessun controllo, un’auto-quarantena e la speranza di non fare la stessa fine del proprio congiunto.
Ma perché sentendo colleghi di altre regioni, si scandalizzano quando racconto questi fatti? Voglio essere ascoltato per poter raccontare storia per storia, voglio fare i nomi, voglio dare dignità ai morti, ai malati, ai miei cittadini..

5) E mi spiegate come mai nelle regioni a noi vicine (Veneto, Emilia Romagna) sono state adottate strategie e misure diverse, dalla Lombardia? E pare che funzionino? In altre regioni i test e i tamponi li stanno effettuando a molte categorie già da tempo, addirittura hanno attrezzato piazzali dove poter effettuare questi test dall’automobile o hanno acquistato macchinari per poterli processare più velocemente. Ora, alcuni sindaci della Lombardia, hanno deciso di fare test e analisi in autonomia, a volte sostenendo la spesa, a volte facendola pagare ai cittadini. È questa la strada maestra? Possiamo farlo tutti? Ditecelo, che io domattina mi muovo, ma fateci sapere URGENTEMENTE cosa volete fare. Se questa è la soluzione: benissimo, la intraprendiamo, ma dovete esplicitarlo, spiegare che in questa emergenza OGNI SINDACO deve fare da sé.
Non temo questa cosa, ma sono una persona rispettosa delle leggi e della gerarchia, credo nello Stato e nelle Istituzioni, ma mi sta venendo la voglia di fare lo sceriffo e infrangere i protocolli, perché i miei concittadini NON SI MERITANO questo trattamento.

Ma è così faticoso decretare un MEA CULPA e seguire l’esempio di regioni più virtuose che hanno contenuto i contagi e i morti? E non ditemi che sia una questione di partito politico, perché ho citato regioni che hanno governi di diverso “colore” e regioni che pur essendo governate da un esponente dello stesso partito, si stanno muovendo diversamente. E non ditemi nemmeno che sia una questione di FONDI, perché sono stati fatti investimenti urgenti (gli ospedali da campo ad esempio) per i quali sono stati spesi milioni di euro. E non li abbiamo per fare i tamponi?

Siamo a parlare di fase 2 e ancora non abbiamo chiarito come gestire la fase 1.
Mancano solo 15 giorni a quella che dovrebbe essere l’apertura totale e ad oggi, NOI SINDACI, non abbiamo indicazioni, non abbiamo una linea guida, non vediamo una progettualità sensata, non sappiamo nulla.

Cosa credete? Che a noi sindaci faccia piacere dover far fronte alla quotidianità brancolando nel buio? Pensate veramente che noi non si voglia ripartire? Che non siamo preoccupati per la situazione economica dei nostri territori? VOGLIAMO veder ripartire tutte le nostre attività, commerciali, artigianali e produttive, che sono la spina dorsale delle nostre economie, ma mi sorge spontanea una domanda: se a queste realtà chiederete di adottare sistemi di tutela e sicurezza per i lavoratori e anche per i cittadini, siamo certi che siamo già pronti per trovare, magari anche sul mercato acquistando in autonomia, tutti gli strumenti necessari? Li fornite VOI alle imprese? O si devono arrangiare come al solito? Io sono d’accordo a riaprire, ma VOGLIO un piano dettagliato, voglio che sia messa in conto un’altra possibile ondata epidemica, voglio garanzie per i miei cittadini. Voglio che sia tutelata la salute di tutti. VI chiedo forse troppo?

Quello che temo?
È che se non si hanno linee guida per procedere all’apertura, ricominci un’ondata epidemica e a quel punto si pensi di richiudere un’altra volta tutto, il che si rivelerebbe un disastro per la nostra economia, per il tessuto sociale, per l’umore delle persone.

Uno scenario di questo tipo è ciò che non mi fa stare sereno, non vedo le sinergie che dovrebbero esserci fra le varie istituzioni, non vedo organizzazione e programmazione.
Tutto mi sembra lasciato al caso e alla buona fede dei cittadini e degli amministratori locali.

Ma non basta.
Non basta il volontariato, non basta la generosità del singolo.
Serve un programma ben preciso di riapertura; serve supportare le aziende affinché si dotino di tutti i sistemi per salvaguardare il loro capitale umano; serve che le piccole imprese e i lavoratori a Partita Iva abbiano garanzie anche economiche; serve un progetto preciso per la disabilità e le categorie più deboli; serve che si abbia ben chiara la mappatura dei positivi e dei negativi su ogni territorio. Serve che ai lavoratori, agli operai, agli insegnanti a tutti venga tutelata la salute.
Serve UNA STRATEGIA.

Serve che la si smetta di fare la politica quella becera, quella dei proclami propagandistici, quella degli schieramenti, non è questione di destra e sinistra, ma di poter contare su una squadra di persone competenti, che sanno quello che fanno, che hanno un perché per ogni decisione.

Solo allora, davanti ad un tavolo in cui ci si dice quali siano le intenzioni da qui al 4 di maggio, quando finalmente avremo una progettualità definita, potrò smettere di urlare le mie ragioni, altrimenti continuerò senza tregua e alla fine di tutto tireremo le somme.
Perché il mio compito è proteggere la mia gente, non le logiche e gli interessi di pochi, a scapito di tutti.

Perché 11 mila persone morte ad oggi in Lombardia sono un dato enorme, sono una generazione di anziani che ci ha lasciato in dono una terra bella e rigogliosa e li abbiamo ripagati non curandoci di loro, escludendoli dalle liste dei morti per Covid, privandoli di una degna sepoltura, facendoli morire da soli.
Io non ci sto a vederne altri.

Vi prego,
ascoltatemi.

Giovanni Coccoli
SINDACO DI GUSSAGO

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