📺 CORONAVIRUS, Del Bono: Regione e Protezione Civile non hanno capito il dramma di Brescia | 🔴 VIDEO INTERVISTA

Limpatto sul bilancio del Comune di Brescia del Coronavirus potrebbe comportare una riduzione del 15-20% delle entrate, cioé circa di 100 milioni di euro

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“Regione e Protezione civile non hanno capito a pieno il dramma che sta vivendo Brescia”. A dirlo, in un’intervista rilasciata a BsNews.it, è il sindaco di Brescia Emilio Del Bono, che – rispondendo alle domande di Andrea Tortelli – ha ripercorso le fasi dell’epidemia di Coronavirus in corso e sottolineato le questioni ancora aperte.
Di seguito la sintesi dell’intervista, a seguire il video integrale della video-intervista.
DOMANDA – Sindaco, com’è la sua quotidianità in questi giorni e cosa fa nel suo tempo libero?
RISPOSTA – Purtroppo non ne ho: da mattino presto fino a tarda serata il mio tempo è alternato da messaggi, mail, decisioni da assumere, spostamenti obbligati verso la Loggia o i luoghi delle decisioni. La mia giornata è intensissima: non distinguo più mattino e sera, giorni festivi e feriali.
D – I dati indicano per Brescia circa 1.500 casi ufficiali e 300 decessi: i numeri reali però sono ben altri, e non solo nel capoluogo… Possiamo dare una dimensione alla tragedia?
R – Questi numeri non corrispondo a realtà. Noi abbiamo posto in maniera insistente alcune domande, senza riceverne risposte. Per sapere quanti sono realmente i positivi è importantissimo sapere quanti tamponi vengono fatti tutti i giorni a Brescia: non lo abbiamo mai capito: ultimamente la Regione ha detto di aver iniziato i tamponamenti nelle Rsa bresciane, quali e dove non è dato saperlo. Non si va da nessuna parte con questo metodo: innanzitutto bisogna chiarire chi sono i tamponati… medici ospedalieri, infermieri, medici di appoggio alle strutture sanitarie, personale delle Rsa, pazienti a casa malati, coloro che oggi vengono definiti sospetti Covid e che non hanno mai fatto un tampone. E’ un problema serio, che la Lombardia non è mai riuscita a gestire. L’unico metro che ci consente di misurare come sta andando l’epidemia sono i ricoverati e quanti sono gli accessi al pronto soccorso. Sento giornalmente sia il direttore del Civile sia quello della Poliambulanza e il numero degli accessi è in graduale calo.
D – A porre la questione tamponi, oltre a lei, sono diversi suoi colleghi, numerosi medici, il virologo Burioni. E anche il nostro giornale ha lanciato una petizione che ha raccolto già oltre 2.500 adesioni, per chiedere alla Regione più test… A proposito di Regione: a lungo si è parlato dell’ipotesi dell’ospedale da campo in fiera o altrove. Un progetto mai partito. E voi non avete mancato di criticare tale decisione. Resta dello stesso avviso? Che pensa del progetto del reparto Covid “diffuso”?
R – L’ipotesi di realizzare una struttura esterna al Civile non è mia, ma del direttore dell’ospedale e io l’ho sempre condivisa perché ritengo importante isolare i malati Covid dagli altri per far tornare lentamente le strutture ospedaliere alla normalità. Il Civile, in queste settimane, ha avuto più di 800 persone positive e la Poliambulanza oltre 400: la stragrande maggioranza delle nostre strutture si è dedicata esclusivamente ai Covid, ora è arrivato il momento di pensare di più agli altri. Il principio del cosiddetto ospedale diffuso si sta rivelando un approccio complicato. Io mi sono limitato ad ascoltare i medici. La Regione ha fatto una scelta diversa, ma leggo che i medici qualche criticità l’hanno rilevata. Mi affido a una buona gestione del progetto “Quarta scala”, sapendo comunque che l’ipotesi originaria – a detta del direttore del Civile – non è ancora tramontata.
D – Un altro fronte di divisione tra lei e la Regione è stato quello dei medici mandati a Brescia. Sono stati troppo pochi?
R – Possiamo dire le cose come stanno? Brescia si è arrangiata. Se noi analizziamo quanti medici e infermieri si sono ammalati riscontriamo un numero altissimo: 550-600 perssone. Quanti ne sono arrivati? Non hanno coperto nemmeno i malati. Brescia ha dovuto affrontare questa onda gigantesca con meno personale di quello che aveva prima del Coronavirus. Poi che la responsabilità sia in parte della Regione in parte della Protezione Civille nazionale a noi bresciani interessa meno. Nè Milano nè Roma hanno saputo gestire questa onda e hanno lasciato la provincia di Brescia a gestire da sola questa ondata.
D – La Protezione Civile e la Regione non hanno capito a sufficienza la gravità di quanto stava accadendo nei nostri territori e non hanno fatto abbastanza per Brescia. E’ d’accordo?
R – Credo di sì. Noi siamo arrivati dopo Lodi e dopo Cremona, da cui il contagio si è esteso nella nostra provincia e poi nel resto territorio. Mediaticamente abbiamo pagato il fatto di essere arrivati dopo, ma la gravità di quanto accaduto qui non è inferiore ad altre province, anche se non possiamo sapere i numeri reali del contagio. Spero comunque che non si affronti la seconda fase dei test sierologici con la confusione con cui si è affrontata quella dei tamponi.
D – Parliamo di soldi. Il bilancio “di gruppo” della Loggia è di circa mezzo miliardo di euro e per il prossimo anno di sicuro aumenteranno le richieste di sussidio, le spese per sostenere i trasporti, alcune società comunali potrebbero chiedere più risorse e forse diminuiranno i dividendi di A2A. Quanto costerà in termini economici il Coronavirus ai bilanci della Loggia? E come pensate di fronteggiare l’ammanco?
R – Fare i conti in maniera rigorosa oggi non è possibile, perché non sappiamo quando sarà la via d’uscita: qualcuno parla di un progressivo rientro dal 4 maggio, ma è ancora nebbia fitta sui dettagli e su chi ripartirà. Noi valutiamo l’impatto sul bilancio del Comune intorno al 15-20% delle entrate. Il trasporto pubblico è in ginocchio, le strutture sportive sono chiuse da due mesi, ma pensate anche ai teatri, ai musei… I Comuni saranno i primi, con le aziende, ad andare in difficoltà. Noi abbiamo chiesto al Governo non solo di poter trattenere risorse, come una parte dell’Imu, ma anche risorse vere da trasferire, perché noi dobbiamo continuare a garantire che i servizi funzionino, come abbiamo fatto in queste settimane. La città di Brescia ha continuato a funzionare grazie all’abnegazione dei suoi dipendenti e alle risorse che abbiamo messo, ma fra poco i conti dovremo per forza farlo. Se il Governo e la Regione intendono aiutare il sistema degli enti locali, noi siamo i soggetti più efficaci e titolati per far ripartire l’economia. Brescia ha già attivato due fondi. Uno grazie alle risorse Governo per i cosiddetti buoni spesa: sono arrivate 6.100 domande e pensiamo che entro domani ne licenzieremo oltre 3mila. Ma abbiamo un secondo fondo, Sostieni Brescia, che abbiamo attivato solo noi in Italia grazie all’aiuto di molti personalità del mondo della cultura come Ambra Angiolini, Renga e Volo, oltre che con il supporto di A2A e Banca Italia. Questo ha una capienza di 2,2 milioni di euro: dalla prossima settimana inzieremo a distribuire risorse vere, dai 700 a oltre 1000 euro per ogni assegnatario.
D – Ha accennato alla fase due: le aziende devono ripartire?
R – La fase due dobbiamo farla in sicurezza. I lavoratori che rientrano nelle aziende devono essere sottoposti a test, ma registro che la Lombardia è in ritardo con la validazione dei sierologici. Il Comune di Brescia è disponibile a sottoporre i propri dipendenti a questi test. Basta che ci dicano cosa dobbiamo fare, perché ad oggi non è chiaro.

D – Ultima domanda. Torneremo mai alla normalità? Quale sarà questa normalità?
R – Ci torneremo molto lentamente, perché finché – come dicono medici e scienziati – non verrà trovato un vaccino il rischio di una nuova epidemia è reale. Dovremo adottare misure innaturali – distanza, mascherine, guanti – e per molte attività in cui c’è addensamento di persone (penso ai concerti) vedo difficile una ripartenza a breve. Il rientro sarà legato al vaccino e alla cura. Purché si comincino a predisporre protocolli rigorosi per non farci trovare a un’evenetuale ripartenza del 4 maggio in una situazione di anarchia. In Italia ci si deve muovere in maniera coordinata: non può essere che la Lombardia decide una cosa e il Veneto un’altra. Qui viene fuori il grande problema del coordinamento della fase due, che mi auguro il governo prenda in mano.
D – Possiamo chiudere con un messaggio di speranza per i bresciani?
R – Quando tutto sarà finito conteremo i morti. A Brescia i decessi ufficiali sono stati 300, mentre quelli reali 600. Ma alcuni Comuni hanno avuto dieci volte i decessi del marzo dell’anno scorso. Brescia ha saputo affrontare – incredibilmente da sola – questa situazione drammatica perché qui ci sono professionalità, competenze e generosità, con medici e volontari di ogni genere che hanno lavorato senza sosta per un mese. Le nostre cpomunità hanno saputo reagire in maniera sorprendente. Certo sono emersi i limiti della struttura di questa Repubblica che in queste situazioni deve saper agire in emergenza, senza lle burocrazie e i ritardi che si sono registrati in queste settimane. Ai miei cittadini dico: siete tosti, siete una comunità straordinaria. Abbiamo affrontato questa cosa enorme con spirito, compostezza, dignità e umanità encomiabili. Noi reagiremo. Il nostro è un territorio che è capace di prendere in mano le fila delle ricostruzione: che non sarà semplice, ma avverrà.

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(se il video presenta interruzioni dovute all’aggiornamento della pagina potete guardarlo direttamente su YouTube a questi link: https://www.youtube.com/watch?v=d_eudbUy1fU)

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Ultimo aggiornamento il 19 Aprile 2024 16:46

 

 

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