Il mio ricordo di Cesare Trebeschi | di Claudio Bragaglio

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Claudio Bragaglio, opinionista BsNews

di Claudio Bragaglio – Al dolore per la scomparsa dell’avv. Cesare Trebeschi, sindaco di Brescia dal 1975 al 1985, si associano vicende civiche, amministrative e politiche tra le più importanti per Brescia. Scelte tra le più rilevanti anche di ASM – come il teleriscaldamento – quando era Presidente della società municipale.

All’indomani della strage di Piazza Loggia del 28 maggio del ‘74, con quei fischi in piazza e la fine della stagione di Bruno Boni, la scelta di un nome, di una esperienza e d’un simbolo che favorisse la ricomposizione di una città profondamente lacerata. All’insegna di una cultura democratica che inverasse coerentemente l’antifascismo cattolico. Con Cesare figlio di Andrea Trebeschi, d’un padre deportato prima a Dachau, a Mauthausen e martire a Gusen, nel 1945. E che ogni anno – come ancora quest’anno, il 24 gennaio – un padre ricordato da Cesare e da tutti i suoi familiari, insieme a tutti gli altri martiri antifascisti e della Shoah, nella Chiesa di S.Faustino.
Una rilevante figura di sindaco, con le sue caratteristiche di amministratore, indipendente, cattolico e civico.

L’avvio nel 1975 della esperienza in Loggia delle “Giunte aperte”, con il PCI di Piero Borghini segretario provinciale, di Francesco Loda capogruppo e di Giuseppe Berruti vicepresidente di ASM.
Lo straordinario intervento di Trebeschi preparato per la visita a Brescia di Enrico Berlinguer, nel giugno del 1977, in Piazza Loggia.
L’indimenticabile incontro del Consiglio Comunale di Brescia – all’insegna della “operosa concordia” – con il papa Paolo VI, in udienza in Vaticano nel 1997, voluto da Cesare Trebeschi, aperto anche ai rappresentanti del PCI, forzando resistenze della Curia romana. Riportato poi con grande evidenza in prima pagina dall’Osservatore Romano.

Molte sono le attività amministrative su cui si registra validamente l’impegno di Trebeschi. Ma il quadro nazionale, con l’uccisione di Moro e la nascita della destra DC del CAF, ha riflessi negativi anche a Brescia e la “Giunta aperta” in Loggia si incrina, anche per un cambio di clima interno al PCI bresciano.

Rieletto nel 1980, inizia la seconda consigliatura all’insegna di difficoltà. Un calvario politico: l’uscita nel 1981 del PRI di Meo Lombardi dalla Giunta, nel 1983 l’uscita del PSI, a seguito di vicende affaristiche di Giancaterina. Quindi un solo voto determinante per la sua maggioranza dato da Gianfranco Caffi, sindacalista Cisl, indipendente eletto dal PSI. Con l’amarezza di Trebeschi per una conclusione di segno opposto alle speranze della sua iniziale sindacatura.

Ma la figura di Trebeschi va ben al di là delle vicende politiche ed amministrative, peraltro condizionate da logiche di partito e di correnti, a lui del tutto estranee, e che vedranno la DC bresciana aspramente divisa a metà tra il sen. Prandini e l’on. Padula, il sindaco che è poi succeduto a Trebeschi. Non mancheranno – con quel suo stile del tutto particolare – anche interventi critici, e persino aspri, su aspetti da lui ritenuti non condivisibili, quand’anche espressi da esponenti della Curia o da autorità del mondo cattolico idealmente a lui più vicino.

Cesare lo si avvertiva sempre, nei suoi giudizi, come parte integrante e coinvolta d’una sua comunità – che fosse la città, il mondo cattolico o dell’antifascismo, quello amministrativo o professionale…- ma con lo spirito originale d’un indipendente.

In Cesare Trebeschi ritengo si debba vedere il valore d’una personalità indubbiamente complessa, ma di grande rilievo anche sotto il profilo della sua moralità, professionalità e del suo civismo. Un riconoscimento pressoché unanime che gli viene dato anche da realtà, come quella della sinistra democratica bresciana con cui egli si è spesso incontrato, ed a volte anche scontrato. Una realtà progressista che ha riconosciuto in lui nel corso di tutti gli anni l’alto valore morale, civile e culturale del sua persona. Onorati, inoltre, di averlo avuto come primo coordinatore dell’Ulivo prodiano.
Trebeschi è stata una grande personalità che ha onorato al più alto livello Brescia, oltre che il mondo cattolico e democratico che lui ha così intensamente rappresentato, con la sua straordinaria storia sia personale che familiare.

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