di Paolo Pagani – Una cosa mi colpisce in queste tristi giornate: siamo inondati di parole da tanti opinionisti di vaglia. Che parlano ex cathedra. E che, tutti o quasi, smentiscono, senza un accenno di autocritica, quanto sostenuto da anni e anni. Di cosa parlo.
Degli alti lai contro il depauperamento della sanità, contro i tagli ai finanziamenti e al personale. A proposito sanno costoro che il contratto della sanità privata è in scadenza da 6 anni?
Immemori delle loro battaglie, lancia in resta, per ridurre la spesa pubblica, dei loro peana al mercato e dei loro vituperi contro lo stato..
Adesso si accorgono che in 10 anni la sanità ha subito una riduzione di 37 miliardi.
Come non ricordare che coloro che invocavano un ruolo maggiore del pubblico erano etichettati come uomini del Novecento, fuori dalla Storia.
Come non ricordare le pernacchie rivolte a Corbyn, solo pochi mesi fa, per le sue proposte proprio in campo sanitario. Ed è una fortuna che abbia resistito un servizio sanitario nazionale che, come ha affermato l’Organizzazione mondiale della sanità, sta salvato miracolosamente migliaia di vite.
Tuttavia, voglio leggere in positivo questa resipiscenza. Chissà che passata questa bufera, speriamo presto, si possa rimettere il dibattito sui binari della consapevolezza, come ripete spesso l’arcivescovo di Canterbury, che il mercato è un cattivo padrone e un servo meraviglioso.
Bisogna, innovando, che lo stato torni a regolare e gestire i servizi essenziali del welfare.
E che, soprattutto in Lombardia, si apra una discussione pubblica sul modello di sanità, fondato sulla parità pubblico-privato, che evidenzia tutti i suoi limiti strutturali, a partire dalla marginalizzazione della prevenzione e della medicina di territorio. Cose che stanno pesando anche in questa gestione dell’emergenza.
Ma Qoelet dice che c’è un tempo per strappare e un tempo per cucire. Oggi è il tempo di cucire, dell’unità e della collaborazione istituzionale. Da praticare non a senso unico.
Ebbene, questa emergenza, ad horas, richiede alcune decisioni straordinarie, almeno in Lombardia e per Brescia. Lo chiedo al governo e alla Regione, la quale ne ha le prerogative. Credo che si debba 1) chiudere tutte le attività commerciali e produttive non essenziali per i prossimi 15 giorni 2) aprire un ospedale da campo, a tempo di record, per alleggerire gli ospedali bresciani, che sono allo stremo.
La eccezionale situazione lombarda, e bresciana, impone che venga raccolto il grido di dolore che sale dai cittadini, dai lavoratori e dai sindaci.
* segretario provinciale di Articolo UNO di Brescia
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