Investimenti sicuri: esistono davvero o sono soltanto chiacchiere?

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Borsa, foto generica da Pixabay

Quella degli “investimenti sicuri” è un’espressione molto usata e abusata. E la questione di fondo è piuttosto semplice da comprendere: possono esistere davvero investimenti sicuri? La risposta generale a questo quesito non può che essere “No”. Ma in realtà la questione è più complicata e andrebbe affrontata partendo dal principio che esistono investimenti con diversi livelli di… insicurezza.

Secondo quanto rivela investireinborsa.org“, infatti, “ogni investimento presenta un rischio, altrimenti non avrebbe un rendimento”, fattore – quest’ultimo – che “è direttamente collegato al rischio”. Tradotto: difficilmente si possono investire i propri soldi in qualcosa che garantisca alti rendimenti a breve termine senza rischiare una parte significativa (o tutto) del proprio capitale. Ma, di converso, esistono comunque prodotti  finanziari – che, nel lungo periodo, garantiscono un accettabile livello di rischio rispetto al capitale (fattore comunque molto soggettivo) e margini di guadagno ridotti.

Di certo, come anticipato, nulla è completamente sicuro… I soldi depositati sui libretti postali o sui conti correnti bancari (fino a 250mila euro) sono “sicuri” solo nella misura in cui si prevede che il sistema Italia non fallisca. E comunque in alcuni casi i rendimenti sono addirittura negativi. Lo stesso discorso vale per i titoli di stato e per i “solidissimi” Bund tedeschi. I mitologici lingotti d’oro di Zio Paperone, poi, sono in realtà uno strumento di investimento molto molto rischioso (l’oro presenta forti oscillazioni di prezzo nel tempo). E perfino tenere i soldi sotto il materasso (che non è un investimento…) espone a rischio di furto e di perdita del capitale (se l’inflazione progredisce). Che fare dunque se si vuole ottenere un margine di profitto dai propri risparmi?

Di seguito, vediamo di fare un “ripassone” dei principali strumenti finanziari presenti sul mercato con una classificazione basilare del rischio che comportano. Secondo il Testo Unico sulla Finanza i prodotti finanziari possono essere divisi in almeno due macro-categorie: i titoli di massa e i contratti derivati.

I titoli di massa comprendono molte cose: azioni di società quotate, titoli di stato, obbligazioni, titoli monetari, quote di fondi di investimento e via dicendo. Sono rischiosi? La risposta è ovviamente sì, ma non c’è una regola universale per stilare una classifica del rischio. I titoli di stato sono meno rischiosi delle azioni o delle obbligazioni, ma soltanto – è tautologico dirlo – se si scelgono prodotti solidi (come i già citati Bund, per fare un esempio): il fattore-rischio è ben diverso se si paragonano i titoli di Stato dei Paesi in via di sviluppo con le azioni leader del Nasdaq… E comunque, in generale, vale la regola che uno dei modi migliori per tutelare il proprio capitale è quello di diversificare gli investimenti, senza concentrarsi su singoli prodotti e dividendo il rischio su più fronti.

Mediamente più rischiosi dei titoli di massa sono, invece, i cosiddetti “contratti derivati”, che non si basano sul possesso dei titoli (valute, titoli e materie prime), ma speculano sugli stessi. Rientrano in queste categorie i futures, i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps), i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici e i contratti di opzione di acquisto o vendita. Prodotti riservati a pochi, che richiedono grandi competenze tecniche per non scottarsi, ma che sono sempre più diffusi on line.

Un passo oltre nel livello del rischio troviamo, poi, le cosiddette criptovalute, che non si basano su mercati regolamentati. Ciò che c’è dietro a ogni crypto, infatti, non è noto e, per definizione, non è tracciabile: gli andamenti di prezzo seguono spesso logiche imperscrutabili ai mercati e per questo tali prodotti – molto di moda nei siti di brokeraggio on line – sono soggetti spesso a variazioni fortissime. Perdere il proprio denaro, qui, è più facile che conservarlo…

La regola di fondo è comunque sempre la stessa: per avvicinarsi al mondo degli investimenti è indispensabile affidarsi a operatori certificati, studiare, valutare bene la propria propensione al rischio (col supporto delle leggi in materia) e diversificare. L’alternativa? Lasciar perdere. O perdere.

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