La prima cosa bella… | IO, TE E IL TRENO / 15
Viaggiatrice XX: “Ciao, mi chiamo XX e da 8 anni sono una pendolare, dipendente non per scelta e non perché da loro retribuita, dalle ferrovie italiane…”
Partiamo dal presupposto che questa è stata la trascrizione delle mie elucubrazioni mentali più difficile che io abbia mai affrontato fino ad ora. Forse la colpa è del caldo, forse del sonno o forse il tutto si ricollega al fatto che per una volta ho deciso di trattare di un’argomentazione positiva.
Per la prima volta. La prima cosa bella.
Qualche giorno fa sono arrivata in stazione in anticipo, alzata, vestita lavata e sfamata in un totale di tempo inferiore rispetto al solito sono riuscita ad arrivare prima in stazione, evitandomi la combo di disagi che solitamente mi colpisce se sbaglio ad uscire di casa 5 minuti dopo l’ora X. Come se il colpo di fortuna dell’arrivare in anticipo non fosse già più che sufficiente il karma non mi ha punita con il classico generoso ritardo ma con una normale attesa comodamente trascorsa su panchina in tubolare metallico verniciato a polvere con vista su binario 3. Da questa mia postazione privilegiata ho potuto notare che tutt’intorno a me si distendevano micro o macro insiemi di popolazione da treno intenti a discutere tra loro, intervallati da solitari elementi che invece isolati dalle loro cuffie o estraniati dai loro pensieri preferiscono trascorrere la loro mattina nel silenzio (a buon ragione). Le categorie che caratterizzano gli insiemi sono varie e variegate, passiamo dagli studenti liceali a quelli universitari, dai lavoratori ai vacanzieri, da ai vagabondi, ma tutti uniti da 2 denominatori comuni: tra loro c’è sempre quello che parla, quello che ascolta e se si è in più di due quello che dorme tenendo gli occhi aperti mente muove su e giù la testa fingendo di capire tutto quando in realtà non ha ascoltato nulla. Non so spiegarmi come ne quali leggi non scritte regolino il tempo che si trascorre in attesa o in viaggio, ma durante quello spazio temporale si abbattono quelle barriere che ci portano ad essere diffidenti rispetto all’umanità che ci circonda. Sarà l’essere relegati in sedili che ci obbligano alla guerra per chi si accaparra per primo il bracciolo con il vicino e al tetris con le gambe del dirimpettaio, che ci spingono a superare i nostri confini e a metterci in contatto con gli altri. Fatto sta che il treno genera interazioni vicine e reali in un mondo che ogni giorno ci spinge sempre più verso una comunicazione a distanza e virtuale.
Assurdo è pensare che le persone che ogni giorno percorrono la stessa tratta si ritrovano a trascorrere più tempo alla settimana con i loro compagni di viaggio piuttosto che con gli amici che li circondano nel tempo libero.
Ancora più bizzarro che dalla conversazione casuale di mezz’ora con il tuo vicino di spalla si possa scoprire che il Canada sicuramente è lo stato in cui fuggirò se mai deciderò di cambiare stato di appartenenza, che ci sono ragazzi israeliani che studiano medicina e che ogni inverno ed ogni estate vengono in Italia perché amano sciare e scalare sulle nostre Alpi, che 2 lavoratori marchigiani in trasferta hanno deciso di approfittarne per andare a vedere una partita a San Siro o che i Salesiani non esistono solo a Treviglio ma anche a Milano e Brescia.
Quindi caro Trenord per la prima volta grazie, perché ogni giorno mi ricordi che oltre lo schermo e senza cuffie nelle orecchie posso trovare qualcosa di speciale.