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Post elezioni, il Pd non faccia il gioco dell’oca | di Claudio Bragaglio

di Claudio Bragaglio – Ciò che più temo, all’indomani delle elezioni europee ed amministrative, è un inconcludente gioco dell’oca.  Con analisi di flussi, riflussi e… deflussi elettorali. Quindi lo studio attento degli elaborati dei vari Istituti di ricerca. Poi l’analisi sociale, con l’immancabile richiamo alle ingiustizie che alimentano populismi e sovranisti. Nei mesi prossimi a seguire i Forum programmatici da cui far scaturire nuove idee di governo. Ed, infine, il richiamo alle convergenze politiche che diano corpo ai programmi del Centro Sinistra. Mentre, nel frattempo, il campo del Centro Sinistra rimane un cantiere confuso e contraddittorio, ancora tutto da progettare come se avessimo davanti a noi le calende greche.

Le analisi ci stanno tutte e son doverose, intendiamoci. Ma spesso sono pure fine a loro stesse. Infatti chiusa l’analisi, si chiude pure bottega, senza mettere in campo, qui e subito, un chiaro progetto politico. Sì, proprio quello che richiede anche le tanto vituperate “formule politiche”, senza le quali è tutto un fumoso ed inconcludente agitarsi, senza alcun chiaro sbocco politico.

Il precipitare della situazione politica e di governo ci sottrae spazio e tempo. Anzi direi che il tempo ci è sempre più nemico e va quindi rovesciato il percorso canonico, producendo subito scelte politiche “come se” votassimo tra pochi mesi. Con la costrizione da rendere più forte della stessa, e magari anche opposta, convinzione.

Con tale urgenza! “Etsi Deus daretur”, tanto per far nostre antiche sapienze, ovvero come se il “giudizio di Dio” delle elezioni politiche fosse vicino. E in tempi di emergenza democratica, quali sono i nostri, la politica non può che partire dalla politica. Non da altro. Impedendo a se stessa l’alibi di dover ripartire dal giro largo ed inconcludente della società civile. Che si traduce oggi, più che altro, in una maschera demagogica indossata per nascondere le proprie paralisi ed incapacità.

Il voto amministrativo, pur con risultati controversi e contraddittori, ha dimostrato una cosa precisa in fatto di Paese reale: il  PD è in cammino e il Centro Sinistra, a vari livelli dalle Città alle Regioni, raccoglie ben più del voto del solo PD. Spesso il doppio del PD. Tendenza confermata prima a Milano con Sala, poi a Brescia con Del Bono e, ora, con Gori a Bergamo. Più o meno un PD sopra il 30%, con la coalizione che supera decisamente il 50%. Cito tre città a noi vicine, come esempi  di situazioni ben più diffuse nel Paese. Sostenere che il Centro Sinistra vince nelle Città, per esempio, significa dire molte cose. Ma, tra queste, in particolare anche che laddove il voto è più politicizzato  PD e Centro Sinistra hanno una marcia in più.

Anche a rovescio vi è la dimostrazione più chiara: infatti quando il PD non è in campo o si divide c’è il disastro. La riprova anche a Brescia. Si pensi  a Mazzano, Botticino, Rezzato, Adro, Capriolo, Nuvolento,…per stigmatizzare poi anche il caso più grave ed assurdo  – che ha pure investito dirigenti provinciali del PD – , quello di Orzinuovi.

Penso in particolare che siano indispensabili quattro cose ben precise. Se vogliamo che la politica debba – come ritengo – obbligatoriamente ripartire dalla politica. E non già dal giro dell’oca della politologia, della sociologia, della fantasticheria, dell’attendismo, della tattica del fuorigioco…

1) Penso che il PD debba anteporre ai percorsi canonici e da manuale la definizione urgente del proprio “progetto politico” di Centro Sinistra. Chiusa la stagione disastrosa della “vocazione maggioritaria”, messa in campo dal 2007 e che ha desertificato le alleanze sociali e politiche, il PD deve quindi vedersi  come partito coalittivo e perno di alleanze. Protagonista in un campo molto più grande, per dirla con Zingaretti. Come è avvenuto, in modo vincente, nei Comuni in tutti questi anni. Questo il “Paese reale”, ben più del quadro politico nazionale, deformato dalla giungla delle diverse leggi elettorali ipermaggioritarie.

2) Promuovere una “Alleanza Democratica”, definita con un proprio simbolo (e non già come un generico “Centro Sinistra”) tra soggetti oltre che politici anche civici e sociali. Come a suo tempo si fece con l’Ulivo. Con l’obbiettivo di avere presto in campo la coalizione anche nei collegi uninominali, nei quali – in base al Rosatellum – viene eletto un terzo dei parlamentari come se fosse un “premio di maggioranza”. “Alleanza” in quanto convergenza tra diversi. “Democratica”, ovvero più ampia d’uno schieramento progressista per poter fronteggiare i rischi di populismi e sovranisti estremi, nonché rigurgiti reazionari e financo fascisti.

3) Rinnovare il PD, ma sull’asse d’un partito plurale, tra riformismi. Sinistra riformista e cattolicesimo democratico popolare. Riformismi che solo insieme possono crescere, mentre separati o contrapposti entrambi son destinati a crollare. Quindi contro  la tentazione d’un ritorno indietro a DS e Margherita. Contro scissioni nel PD, aperte o mascherate che siano. In questo un nuovo ruolo del cattolicesimo – quello politico e non solo sociale – è possibile ed indispensabile. Il ritorno alla politica attiva di Enrico Letta è un segnale molto importante da sollecitare ed incoraggiare. Così come sul fronte del sindacato e del sociale un segnale molto importante è l’iniziativa di Landini per un sindacato unitario tra Cgil, Cisl e Uil.

4) Una tale “Alleanza Democratica”(senza porre limiti alla fantasia d’un nuovo simbolo del dopo Ulivo, anche in fatto di flora e di fauna) non può che avere in campo altri soggetti alleati al PD.

Si dice di Calenda e del suo “polo liberaldemocratico”. Bene, a mio parere da favorire, sperando che sappia mantener fermo almeno quel che lui dice di se stesso. Si parla di Pisapia e di un’area a sinistra presente già in vari Comuni come a Brescia, dopo l’esperienza di MDP. Bene pure questo. Si dice anche della risposta dei Verdi dopo la vergogna provata nel confronto con il successo dei loro amici in Europa. Si dice di “+ Europa”, ma che si decida a non dover per forza dispendere sempre un proprio voto prezioso. Tutto bene. Con molto altro ancora che va messo in movimento, dato che una parte del voto in crisi del M5S nei mesi prossimi si ritroverà a ricercare nuove sponde politiche sul fronte democratico.

Ma una cosa a me pare certa. Se guardiamo il voto diffuso nel Paese di questi ultimi dieci anni si è confermato, con alti e bassi,  un 40% e più di voto ai vari Centri Sinistra Civici. Ma che non han poi trovato riferimento certo e chiaro a livello nazionale. Ci si è illusi – e non c’entra Renzi – di fare il “partito unico”,  senza capire che l’anima sociale e politica più profonda del Centro Sinistra è un’anima plurale. E che tutto ciò è non una condanna, ma la nostra vera forza.

Insisto. Quando nelle città, anche nel voto recente a Brescia ed in Lombardia ed in molte parti del Paese, si vede che il Centro Sinistra è il doppio del PD vuol dire che c’è una potenzialità che può e vuole essere tradotta in politica a livello nazionale. E questo è mancato. Ma ciò rappresenta anche un bel segno di speranza che viene dal voto del Paese reale, e che ci consente di ripartire non dal solo 22% del PD, ma dal 40% di un Centro Sinistra disperso e che chiede di essere raccolto in un nuovo progetto unitario, partecipato e condiviso. A partire non da sciagurati e ricorrenti tentativi di come si divide il PD, ma da come si ristruttura e si allarga l’intero campo del Centro Sinistra, con un PD unito in campo.

E’ vero che nei dieci anni passati, anche per responsabilità d’un PD autocentrato su se stesso, si è fatto a livello nazionale il deserto di alleanze politiche e sociali, ma con Zingaretti linea e clima politico sono cambiati decisamente in meglio.

Per me una cosa è chiara: il futuro stesso del PD è affidato principalmente alla sua capacità ed al coraggio di far nascere il nuovo Centro Sinistra – inteso come un’alleanza di forze politiche e sociali plurali – per il Paese. Magari a partire dalla Lombardia e dalla valorizzazione di esperienze come quella di Brescia. Della Brescia di oggi e della sua storia politica, plurale e riformista, che ancora ci parla. Come ci parla ancora  l’esperienza politico-amministrativa di Piero Padula, già sindaco di Brescia, che viene ricordato proprio in questi giorni in Loggia.

* Presidente della Direzione Lombarda del PD

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Redazione BsNews.it

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