Il giorno in cui diventi una pendolare Dop | IO, TE E IL TRENO / 9
Viaggiatrice XX: “Ciao, mi chiamo XX e da 8 anni sono una pendolare, dipendente non per scelta e non perché da loro retribuita, dalle ferrovie italiane…”
Mi ritengo fortunata, in tanti anni di scuole non mi sono mai dovuta preoccupare di dovermi affidare ai mezzi pubblici per raggiungere le mie lezioni. I piedi, 2 ruote o la canna della bicicletta del papà sono sempre stati sufficienti.
Poi arriva l’università e le distanze cambiano. La base resta sempre la stessa, ma non basta. Ovvio, una macchina con autista non sarebbe stata male, ma come si è soliti dire, chi si accontenta gode e quindi eccomi lì. Stazione. Binario. Treno. Apri le porte. Sali i gradini. Apri la porta. Ti siedi. Lo fai senza pensarci perché l’eccitazione del momento non ti fa percepire niente di più se non che il viaggio verso una nuova avventura.
E i primi giorni continuano ad essere così, fantastici, senza un secondo libero per pensare ad altro, sopraffatta solo dalla gioia di affrontare tutte quelle novità. Vai. Vivi. Torni. Racconti. Tutto prosegue sulla via della perfezione.
Poi Il tempo passa e le tue giornate sembrano diventare sempre più corte ma sempre più ricche di cose da fare. Ed ecco, li, comodamente rannicchiata nel tuo sedile, ti rendi conto di una cosa. Ogni sera torni a casa. Ogni sera mangi. Ogni sera prendi i tuoi vestiti e li adagi dolcemente sul pavimento. Lontani da tutto quello che potrebbe essere da loro contagiabile. Ti accorgi che metti te stessa e i tuoi abiti in quarantena, come se il semplice tuo o loro tocco possa trasmettere chissà quale strana malattia. E ti fiondi in doccia, decidendo di poter dedicare ogni giorno dai 45 ai 60 minuti del tuo prezioso tempo per disinfettarti e disinfestarti dal treno. E continui a farlo ogni giorno, per anni, scontrandoti con tutti quelli che ti dicono che a lungo andare sarai pelata. Ma tu non ci credi. Perché tu hai bisogno di sentire i fischio che ti lascia tra le dita il capello totalmente deputato dallo shampoo. Hai bisogno di lavare via i germi i microbi e i batteri che ti senti camminare sulla pelle. Perché tu sai che il cappuccio del giaccone sollevato o la sciarpa che usi per creare una barriera tra la tua testa e il sedile non basta effettivamente a proteggerti. E inizia il tuo calvario. Grazie a te le aziende di prodotti da bagno fioriscono e si moltiplicano. quotidianamente contribuisci fieramente al consumo di acqua dolce del pianeta e quotidianamente, finalmente, dopo il tuo rito ti senti pulita.
E continua così. Ogni giorno. Treno. Vita. Treno. Decontaminazione. Treno. Vita. Treno. Decontaminazione….
Finché un giorno lo capisci. Capisci che ti devi arrendere. Che devi dedicare il tuo tempo libero ad altro e non a lui. A vivere e non al rito del post treno. I tuoi vestiti, armatura di difesa, possono prendere posto su una sedia (sia chiaro, comunque lontano dagli altri) la tua pelle può essere lavata senza l’ausilio di acido muriatico e i tuoi capelli possono permettersi di sopravvivere un giorno in più.
Esattamente in quel momento ti rendi conto che l’hai finalmente accettato. Non sei più una qualsiasi Viaggiatrice. Hai raggiunto quel titolo, ci sei riuscita. Ti sei auto eletta e proclamata pendolare DOP.