Chi ha bruciato il corpo non è una questione da poco nella prospettiva del futuro processo, perché – secondo i primi rilievi – la vittima quando è stata data alle fiamme respirava ancora (lo dimostrerebbero le tracce di fumo nei polmoni) e – stando a un’ipotesi – era legata a mani e piedi con fascette da elettricista. Inoltre sul suo corpo, oltre al polso rotto, ci sarebbero segni di colpi di martello sul cranio, ma anche di diversi fendenti al corpo inferti con un oggetto appuntito, forse una cesoia.
Contro la versione della Alessandri, però, ci sarebbero diversi elementi, come le tracce di benzina sui tappetini della sua Mercedes e la tanica trovata nella sua altra vettura (una Lancia Y). Ma c’è una terza “prova” che, se confermata, potrebbe inchiodarla. Secondo la ricostruzione degli orari fatta dagli investigatori, infatti – così riferisce il quotidiano Bergamo news – l’orologio della vittima si sarebbe spento a causa delle fiamme circa tre minuti dopo che l’auto è arrivata sul posto, nelle campagne di Erbusco, e sei minuti dopo che la Mercedes è uscita dal vicino casello dell’autostrada.
Se così fosse non ci sarebbe spazio (e tempo) per altre persone sul luogo del delitto.
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