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La prima volta del Botticino Doc – BARBERA E CHAMPAGNE/2

Stefano Bergomi

di Stefano Bergomi* – Per il mondo del vino bresciano l’edizione 2019 della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso ha riservato una novità assoluta, con l’assegnazione per la prima volta del riconoscimento di eccellenza (i fatidici 3 bicchieri) ad una bottiglia di Botticino DOC

Le guide specializzate hanno sempre avuto un certo appeal tra il pubblico di appassionati del vino.

Da un lato offrono schede informative di dettaglio su cantine ed etichette, dall’altro un giudizio sulla qualità dei prodotti recensiti, che si spera sia sempre imparziale e disinteressato. Elementi utili per ampliare le conoscenze e indirizzare in modo maggiormente consapevole la scelta da parte del consumatore, magari desideroso di acquistare qualcosa di più rispetto alla bottiglia in offerta al supermercato.

Una delle guide che personalmente tengo in considerazione è “Vini d’Italia”, edita dal Gambero Rosso. Il format è consolidato, essendo alla 32° edizione. Ogni anno vengono recensiti da apposite giurie specializzate oltre 20.000 vini italiani, con l’assegnazione di valutazioni in bicchieri.

Per il mondo del vino bresciano l’edizione 2019 ha riservato una novità assoluta, con l’assegnazione per la prima volta del riconoscimento di eccellenza (i fatidici 3 bicchieri) ad una bottiglia di Botticino DOC.

Ma inquadriamo brevemente il contesto della DOC Botticino, in quanto temo sia una denominazione non particolarmente conosciuta ai bresciani, soprattutto ai più giovani.

Gli impianti sono dislocati a terrazzamento sulle prealpi della Valverde, anche se oggi rimane ben poco degli oltre 1.000 ettari vitati che si contavano nel primo dopoguerra, quando il Botticino era il vino più servito nelle osterie di tutta Brescia.

Pendici soleggiate, altitudini che possono arrivare anche a 450 metri, brezze costanti, substrato di marmo bianco sovrastato da marna di carbonato di calcio e argilla di circa 50 centimetri. Sono  gli elementi distintivi del terroir, capaci di far nascere vini rossi di grande corpo e struttura, con una media vocazione all’invecchiamento.

Il vino Botticino è ottenuto dall’uvaggio di diversi vitigni di origine italiana, in particolare Barbera (min. 30%) che conferisce struttura, Marzemino (min. 20%) che dona colore, Sangiovese (min. 10%) che dà rotondità e Schiava gentile (min. 10%) che offre freschezza.

Per i vini invecchiati almeno 2 anni con affinamento in botti di rovere è previsto il riconoscimento di riserva.

La DOC ha festeggiato nel corso del 2018 i 50 anni, a testimonianza della lunga tradizione vinicola della zona. Dal 1996 risulta istituito anche il Consorzio volontario, di cui attualmente fanno parte 14 aziende associate.

Veniamo ora al nome di chi è riuscito a strappare l’ambito riconoscimento del Gambero Rosso, il Gobbio 2016 della cantina Antica Tesa-Noventa.

La conduzione artigianale è svolta direttamente dalla famiglia Noventa, con regime di coltivazione biologico. L’avventura è iniziata 40 anni fa dal fondatore Pierangelo, oggi coadiuvato dalla figlia Alessandra.

Quali sono i segreti del Gobbio? Basse rese con la selezione dei grappoli migliori (meno di 50 quintali a ettaro), oltre alle consuete maturazioni tardive della zona si aggiunge un leggero appassimento di parte delle uve Marzemino e Barbera, al fine di aumentare la morbidezza e l’eleganza del vino, donandogli un carattere internazionale. Pressatura soffice e passaggio in botti di legno di media capacità non nuove. Inutile sottolineare come abbia giovato la collaborazione con Carlo Ferrini, enologo toscano di fama internazionale.

Al naso sentori di spezie e cioccolato.

D’obbligo l’abbinamento con lo spiedo bresciano.

Oltre al vino premiato consentitemi 2 ulteriori segnalazioni, agli antipodi per concezione e stile.

“La Foja” della cantina Emilio Franzoni (la più importante nel comprensorio per ettari vitati e bottiglie prodotte).  Punto di riferimento per l’intera denominazione è l’emblema del vino di Botticino tradizionale. L’affinamento in legno e l’invecchiamento donano un bouquet di profumi inteso e ampio. Sorprendente la costanza qualitativa anno dopo anno.

“Grace” della cantina Arcari e Danesi. Dopo i successi franciacortini, rappresenta la nuova scommessa del team “solo uva”, talmente rivoluzionario da scardinare tutti i capisaldi ai quali erano abituati i botticinesi. Rosato, predominanza di schiava (50%), vinificazione e affinamento in acciaio, bottiglia trasparente con tappo a vite (stelvin).

Il nome “Grace” richiama la Grand Central di Manhattan, realizzata con il famoso marmo, in  fondo il vero motivo per cui, prima del vino, Botticino è conosciuta in tutto il mondo.

* sommelier per passione (stefano.bergomi@tin.it)

LEGGI LA PUNTATA PRECEDENTE

Il vino bresciano perfetto per il dolce di Natale | BARBERA E CHAMPAGNE

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Redazione BsNews.it

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