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Pd, Prodi e le ombre dei guerrieri | di Claudio Bragaglio

di Claudio Bragaglio – Leggo Prodi di buon mattino e mi va di traverso pure il caffè. Dice con un “affondo sulle primarie, mancano leader e prospettive”. Prodi, tra le persone che più stimo ed ho stimato, insieme a Martinazzoli, per via dell’Ulivo. A partire proprio dal primo ed originario, quello di Mino, fatto e non solo predicato nel dicembre del ’94, a Brescia.

Uno sfogo amaro, il mio. Anzi più d’uno sfogo. E lo so. Come pure so che mi pentirò d’una qualche parola di troppo in libertà.. Ma quando ci vuole…ma dov’era Prodi, padre del PD, in questi anni di enormi difficoltà? E quegli altri nobili padri che nel 2007 – forzando troppo tutto quanto – fecero il “Comitato Costituente”, ma metà dei quali sparì dal PD imboscandosi soltanto due/tre anni dopo la sua costituzione? Modello Cadorna: soldati in trincea e generali al sicuro nelle retrovie ed in stato di confusione. Ma proprio quel partito han voluto. E in alcuni dei suoi passaggi più convulsi ed accelerati persino imposto.

Certo, tutti se ne son andati con i loro bravi ed esibiti alibi. Come trofei del loro giustificatissimo disimpegno. Ci mancherebbe. Pure Letta, sempre per onorare le cronache parigine e pure i suoi libri di edificanti omelie e di acide memorie. Sugli scissionisti di ieri, D’Alema&Bersani, e pure su quelli incerti, di oggi e sul fronte opposto, nulla aggiungo a quanto più volte e di peggio ho già detto. Poi tutti bravi a stare ritirati sulle alture sicure – come intoccabili Kagemusha – a pontificare sulle battaglie cruente che si svolgono nelle pianure. Persino troppo facile ora che non è più il Gran Capo dire tutto il male contro Renzi e del solo Renzi. Ci mancherebbe. Ma eran da ben prima le sparizioni, le diserzioni, le divisioni. Per non dire poi anche di prone condivisioni.

Oggi il nuovo PD deve avere il coraggio di rileggersi criticamente ed in modo equanime “ab ovo”. Per me Zingaretti è questo. Altro che conservazione, un “eterno ritorno”! Rifondarsi e cambiare politica rispetto al suo stesso inizio. Miti di primarie, di un leader capo di partito, capo di governo e capo di tutto quanto, autosufficienza e maggioritari per vocazione e per unzione, sparizione del centro sinistra…quando il Paese andava nella direzione opposta e con il Populismo già in campo.

Preferisco chi dalla battaglia – dal proprio Comune al Parlamento, dal luogo di lavoro al suo impegno sociale – non si è sottratto anche quando ne ha intravisto limiti e contraddizioni.

Preferisco chi – molti e pure il sottoscritto – non ha condiviso in tutto od in parte la scelta del PD, ma a decisione assunta, s’è impegnato con lealtà, spirito di sacrificio e dedizione.

Chi ha avuto autonomia di giudizio e di proposta per un PD territoriale – ben diverso da quello pontificato a livello nazionale – costruendo coalizioni, alleanze politiche e sociali, civismo, politiche di inclusione, per il lavoro,… E che a Brescia ed in altri Comuni ha così salvato – sì letteralmente salvato – il PD e che consente al partito oggi di ripartire dalle Comunità locali. I leader che ci mancano non sono i “fenomeni telegenici” di politiche sbagliate, ma la guida autorevole, inclusiva, unitaria e condivisa di politiche giuste.

E se dico il “modello Brescia di Del Bono” o quello di Milano di Sala, non è per miope localismo, ma in esplicita polemica con leader nazionali che han bruciato anche il loro carisma sul falò delle politiche sbagliate. E’ evidentemente ben strano, per non dire impossibile, un qualsiasi cammino quando ci si ritrova con dei mastri calzolai che, tutti intenti a farsi le scarpe tra di loro, ci lasciano a piedi nudi quando poi siam noi che sul territorio dobbiamo camminare.

 

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Redazione BsNews.it

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