Il picco è stato raggiunto e i casi sono in diminuzione. Ma quell che sta colpendo la provincia di Brescia, a partire dalla Bassa bresciana, rimane una delle più gravi epidemie di polmonite che hanno colpito l’Europa negli ultimi anni. E non solo per le 750 persone che si sono ammalate e per i diversi morti.
Il calcolo esatto delle persone coinvolte l’ha fatto il quotidiano Bresciaoggi: la media è di ben 16 casi al giorno dal 25 agosto al 10 ottobre.
A preoccupare, ovviamente, sono le dimensioni del contagio. Ma non solo. Alcune caratteristiche rendono – purtroppo – il caso bresciano unico, a partire dall’area circoscritta del contagio (la zona rossa comprende in particolare i Comuni di Carpenedolo, Montichiari, Calvisano, Visano, Isorella, Remedello e Acquafredda, con un 20 per cento dei malati concentrato negli ultimi due), l’incidenza dei casi rispetto a quelli attesi e il fatto che ancora non si trovi il “colpevole” (il batterio della legionella è stata trovato soltanto in un caso su dieci).
I principali sospettati della diffusione rimangono le torri di raffreddamento delle aziende. L’Ats ha chiesto ai Comuni di censirle. Ma la sensazione di molti è che le risposte non basteranno a fornire un elemento decisivo per risolvere il giallo. Anche la politica sta sponando le autorità competenti a fare di più: dopo cinquanta giorni è arrivato il momento di passare ai fatti.
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