Sarebbe stata la madre – secondo quanto riportato da diverse fonti – a denunciare marito e figlio maschio, che da giorni sarebbero in stato di fermo a Gujirat (in Pakistan, tra Islamabad e Lahore) con l’accusa infamanente di aver tratto in trappola e ucciso Sana Cheema (figlia e sorella dei due uomini) semplicemente per il fatto che aveva rifiutato il matrimonio combinato, dichiarando il proprio amore per un italiano.
Una vicenda che ha suscitato grande clamore e che sembra ricordare molto da vicino quella di Hina Saleem, la connazionale sgozzata e sepolta nel giardino di casa perché aveva uno stile di vita “troppo occidentale”. Anche se sull’accaduto rimangono molti punti di domanda.
La giovane, da pochi mesi, aveva aperto in via Berchet la Sana Driving License, agenzia con cui aiutava gli stranieri a sbrigare pratiche e burocrazia per conseguire la patente di guida. Ma in un paio di giorni – secondo alcuni testimoni – aveva svuotato tutto ed era partita per il Pakistan.
Secondo quanto risulta, la 25enne sarebbe stata trovata con alcune ferite sul collo e la corsa in ambulanza verso un ospedale si sarebbe rivelata inutile. Da qui il fermo dei familiari con l’accusa più infamante, anche se nella comunità pakistana bresciana in molti non credono al brutale assassinio (si parla di un malore o di un suicidio) e rimangono comunque elementi di dubbio sulla dinamica dei fatti.
Vi è poi il giallo sollevato da Bresciaoggi, con un pezzo di Jacopo Manessi in cui un vicino del presunto assassino racconta di aver sentito il padre di Sana poche ore prima: “Intorno a mezzogiorno, ho chiamato il padre di Sana al cellulare: mi ha parlato al cellulare, è libero. Come può essere stato lui, se non è in prigione?”. E aggiunge: “Mi ha confermato che la figlia è morta a causa di un malore”.
Resta da capire, insomma, la posizione dei due uomini. Ma nel frattempo l’unica certezza è che sana è morta e i funerali sono già stati celebrati.
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