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Il referendum sul tram, tra ragioni e torti| di Claudio Bragaglio

di Claudio Bragaglio* – Ho letto con l’attenzione che meritano le proposte e le riflessioni del candidato del M5S, Guido Ghidini. In parte condividendole e in parte no. Ma sul punto del Tram vorrei esprimere un’opinione personale. Senza però sottacere, in qualità di Presidente dell’Agenzia del Trasporto Pubblico Locale (TPL), che l’Agenzia di Brescia ha espresso un parere favorevole sul Piano della Mobilità (PUMS) del Comune di Brescia, promosso dall’assessore Federico Manzoni, comprensivo anche del Tram, e su una condivisibile intermodalità cittadina connessa a quella provinciale. Nella logica di favorire il sistema metropolitano del trasporto pubblico, anche su ferro.

La posizione di Ghidini mi pare rispecchi (anche sulla mobilità ed i bus elettrici) quella che ho ascoltato nell’intervento in Consiglio del capogruppo del M5S, l’avv. Laura Gamba.

Ma la mia attenzione si sofferma sul Referendum che Ghidini richiederebbe sul Tram.

Se il tema è il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni nessun problema. Anzi. Ma fra tutte le possibilità immaginabili (dalle Assemblee di Quartiere, al voto stesso delle amministrative) la scelta del Referendum non mi pare la più opportuna. Pur immaginando che la proposta di Ghidini sia limpidamente espressa in termini di reale partecipazione dei cittadini. E non già d’una strumentalità per far… deragliare il Tram.

Nell’ipotesi migliore tale Referendum (a norma di Regolamento) si terrebbe solo nel 2019. Quindi in attesa dell’esito, per quanto consultivo, si dovrebbero fermare tutti gli atti in essere. Compreso, in particolare, l’importante accordo per le due linee di Tram, sottoscritto a Brescia alcune settimane fa, tra Ferrovie (Mazzoncini) e Brescia Mobilità (Scarpa), alla presenza del sindaco Del Bono. In modo da poter realizzare così il Tram entro cinque anni. Ma non è detto che ciò che è finanziabile oggi, con risorse nazionali già stanziate, lo sia anche nel 2020. Anzi.

Ma vi è anche un altro problema non secondario che (a mio parere) si ritrova senza neppure una possibile soluzione.  Su un’operazione strategica riguardante principalmente l’Ovest bresciano chi vota? Non previsti – né dallo Statuto del Comune, né dal Regolamento dei Consigli di Quartiere – Referendum di una sola parte della città. Certamente potrebbe essere un Referendum cittadino. Che mi pare l’idea di Ghidini.

Ma – anche solo a lume di naso – ha senso che si pronuncino i cittadini favoriti dell’asse nord-sud-est del Metrò, su un servizio ritenuto indispensabile per la parte ovest della città? E che oggi è la più sacrificata anche nella sua interconnessione col Metrò? Astrattamente sì, ma praticamente molto meno. E, considerato che per ben due Referendum (1998 e 2001) sull’intera operazione del Metrò non si raggiunse il quorum (il dato più alto fu circa di 60 mila votanti, su 160 aventi diritto) pensiamo forse che il quorum possa essere raggiunto col voto di Sanpolino o Buffalora per il Tram dell’Ovest? Senza dimenticare che un Referendum – lo dico “en passant” – costa alle casse del Comune circa 6-800 mila euro.  Ho l’impressione che col Referendum fermeremmo tutto ciò che è già a portata di mano, anche per i finanziamenti nazionali, mentre invece sono possibili ed auspicabili – praticate e praticabili già fin d’ora – tutte le altre forme di partecipazione e di consultazione dei cittadini nei Quartieri interessati.

* Presidente della Agenzia del  TPL di Brescia

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Redazione BsNews.it

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