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Brescia, ripartire dal Pd per tornare al centrosinistra | di Claudio Bragaglio

di Claudio Bragaglio – Molti i problemi per un PD sconfitto. Tra questi anche le difficoltà della sinistra PD. Ovvero d’una componente sociale e politica che dovrebbe costituire una delle anime d’un PD plurale.

Oltrepasso la polemica ormai assodata che investe Renzi per affrontare il cuore del problema, ovvero le cause della sconfitta della sinistra riformista, che ha preceduto l’ascesa stessa di Renzi. Motivo, oltretutto, del suo stesso successo.

Tra le varie analisi non mi convince quella che, anche in chiave antirenziana, auspica un ritorno all’Eden del PD originario, senza avvedersi che il renzismo – seppur col peso di frequenti sue tracotanze –  è non un deragliamento, ma nel solco delle scelte costitutive del PD.

Il PD è un partito di centro sinistra nel quale è a rischio proprio la sinistra. Con riferimento alle grandi questioni sociali, oltre che nei vari livelli di rappresentatività. Nel partito come nelle istituzioni. Ma non meno nel cammino impervio – per non dire d’una frattura – dei rapporti tra sinistra politica e sinistra sociale. Penso al mondo sindacale – e alla stessa Cgil – anch’esso fermo agli schemi delle autonomie degli anni ‘70-80, quando invece ora tutto è cambiato. Con il mondo del lavoro dipendente – a differenza di altri settori – in difetto d’una rappresentanza politica.

Quando il PD nell’ultimo suo voto ha colorato di rosso solo i residui collegi delle ataviche roccaforti del comunismo emiliano significa che ha toccato il fondo. Anche come sinistra del PD.ì

E’ l’intero decennio del PD che va quindi sottoposto ad una analisi non reticente. A partire dalle ambiguità dei suoi inizi. Quando una parte dei Padri Fondatori pensava al PD come ad un’evoluzione dei DS. E quell’altra pensava ad un partito prodian-rutelliano, come ad una Margherita mimetizzata. Ma – troppi di loro – neppure Padri Putativi. Infatti nel giro di poco tempo – si veda l’elenco dei Costituenti del PD – Padri pure spariti per altre figliolanze o senza lasciar tracce.

Per non dire poi di chi pensava ad una nascita dal nulla. Un PD da sotto il cavolo. Quindi da far nascere neppure da una rilettura critica delle culture fondative – cattolicesimo democratico e riformismo socialista – bensì dalla loro liquidazione. Radici solo da tagliare. Quasi un volerci tirar su per i capelli, come il Barone di  Munchausen. Persino Il Centro Sinistra, che oggi vien resuscitato, venne presto scaricato da un PD, di per sé maggioritario ed autosufficiente.

Al famoso PD, “amalgama mal riuscito” di dalemiana memoria, nessuno poi ha messo per davvero mano. A profusione s’è invece coltivata la retorica del nuovo, ma scarso è stato l’impegno serio per la costruzione d’un partito vero. Al fare s’è preferito il proclamare. Narrare. Con giornali, sedi, organizzazione, feste popolari ed iscritti a picco.

Basta rileggere quel grande vecchio riformista che è Emanuele Macaluso per capire il perché ci siam ficcati in un tunnel in questi anni.

In particolare, il venir meno in un PD plurale d’una autonoma identità politica della sinistra riformista ha rappresentato un errore imperdonabile. Ed oggi salato ne paghiamo il conto.

Una sinistra sfarinata per rinuncia di battaglie sociali e di progetti. A fronte di nuove sfide. Al punto da constatare – anche a Brescia ed in Lombardia – come si sia sempre più diradata pure la rappresentanza di esponenti della sinistra a livello di Parlamentari, Consiglieri regionali e comunali, di Sindaci. I nomi del più recente passaggio sono noti e qui mi limito a citare Massimo Mucchetti, Paolo Corsini, Miriam Cominelli.

Oggi constatiamo che milioni di elettori, che si definiscono di sinistra, hanno votato Lega e soprattutto M5S. Tema drammatico per PD. E non solo per la sinistra del PD. Voci e rappresentanze a rischio di marginalità. Tra questi anche chi ha scelto il proprio sdegnato esilio – si pensi ad un D’Alema e non solo – illudendosi poi con il riscatto d’una scissione. Un errore, con i risultati che sappiamo.

Le conclusioni da trarre sono tutt’altro che rassegnate. Anzi, ritengo indispensabile una risposta all’altezza d’una nuova sfida. Quella che Nicola Zingaretti chiama la “rigenerazione” del PD. Nessuna altra via. Quindi una scelta anche contro ogni deriva neocentrista del PD o velleitarie operazioni alla Macron. Dimenticando il dettaglio che per fare Macron bisogna magari pure esserlo, e non solo imitarlo. Dimenticando, altresì, che a forza di sfrondar la chioma del PD – della sinistra, ma non solo – la pianta del partito si riduce ad un palo.

Ritengo che solo il PD, nel bel mezzo della tempesta, sia la sola nave che possa garantirci la difficile traversata. Non il mito del PD dell’Eden, ma quello che, cambiando se stesso, è un PD che dall’opposizione – non aventiniana, come giustamente ci propone Maurizio Martina – ricostruisce un’ampia coalizione politica e sociale di centro sinistra. Come si fa a Brescia, con Emilio Del Bono, per la città. Con le prossime elezioni che possono così rappresentare anche un primo importante segno della ripresa d’un nuovo ed unitario PD. E di tutte le migliori anime riformiste del PD e del Centro Sinistra.

Presidente Direzione PD Lombardia

 

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Redazione BsNews.it

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