In primo grado era arrivata la condanna a 4 anni e 9 mesi, a cui poi era seguita la riduzione nello stato laicale da parte di Papa Francesco. In appello il tribunale di Brescia ha sostanzialmente confermato la pena (con uno sconto di due mesi) per don Mauro Inzoli: ex leader di Comunione e Liberazione a Cremona e fondatore del banco alimentare.
Inzoli, soprannominato “don Mercedes” per la sua passione ostentata per le auto di lusso, era accusato di aver perpetrato abusi sessuali su cinque minorenni, dai 12 ai 16 anni, tra il 2004 e il 2008. Anche se i primi casi (ormai prescritti) risalirebbero addirittura agli anni Novanta. Don Inzoli, secondo l’accusa, agiva approfittando del suo ruolo, adescando le vittime durante le gite, ma anche – addirittura – durante le confessioni e negli ospedali.
Secondo le cronache dei giornali, nel gennaio 2015, a vicenda legale già ben avviata don Inzoli era apparso in seconda fila a un convegno sulla famiglia tradizionale della Regione Lombardia: una scelta che aveva suscitato vivaci polemiche.
La sentenza è stata pronunciata proprio nel giorno in cui papa Francesco ha promesso pubblicamente – nel discorso pronunciato alla Pontificia Commissione per la tutela dei minori – che non concederà la grazia ai preti colpevoli di pedofilia. Forse il discorso più duro contro i preti pedofili mai fatto da un rappresentante della Chiesa di Roma.
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