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Il civico? Non può che fare il politico | di Elio Marniga

Quelli di Milano dicono: “Ofelè fa el to mesté.”, che a me richiama alla memoria, senza ragione se non ricordi di morbose curiosità fanciullesche, “La Ninetta del Verzee”; i Romani, quelli di una volta, quelli veri, mica la Raggi ch’è romanesca, dicevano: “Quam scit libens exerceat artem” che io traduco, ma consento alla saponette arnaldine di migliorarmi, con: “Fa il mestiere che sai fare.”

Perché queste citazioni? Prima di tutto per mostrare quanto io sia erudito, poi perché oggi si parla molto della necessità di portare il civismo nella politica locale, cosa che, a me, pare un controsenso, dato che ritengo che il civico, ossia colui che sente vive le necessità della comunità, per affrontare con profitto i problemi che vede, deve unirsi in una comunità, ossia deve farsi politico.

Ora cerco di ragionarci sopra, senza pretese, con la speranza che qualcuno mi corregga, convincendomi. Sandro Belli è il paladino, non da oggi, dei civici in politica; ne scrive anche qui su BSNews; ne scrive e non convince. Egli divide la sua tesi in tre punti: 1) Democrazia rappresentativa – 2) diretta – 3) civica e la sostiene con tante di quelle affermazioni che ognuna di esse meriterebbe un trattato. Io ne tocco solo il margine. Importante. Comincio dal primo, ma non mi ci soffermo, pur disposto a riprenderlo se sollecitato, ché di questo argomento ne ha scritto gente di mestiere, che lo mastica ogni dì, magari per inghiottirlo di traverso. E’ chiaro che i partiti politici strutturati, che la tradizione democratica ci ha trasmesso, hanno, oggi, grossi problemi; così non fosse non ci sarebbe stato l’improvviso successo, anni fa, della Lega e, oggi, del M5S. Le cause sono molteplici, locali e internazionali, comuni a tutte le latitudini, contingenti e strutturali, ma tutte esasperate dall’incapacità delle dirigenze dei partiti di aprirsi e rinnovarsi, prive come sono di fantasia nell’approccio all’elettorato. Basta così! Magari una breve aggiunta: è proprio un’utopia pensare che un giorno ci sarà una legge che disciplini i partiti come vuole la Costituzione? Si, è proprio un’utopia.

Per quanto riguarda la Democrazia diretta rimando, per sostenerne l’irrealtà, alle due domande,rimaste senza risposta, che, alcune settimane fa, ho rivolto, da qui, al professor Gorruso, ma non solo a lui. I fautori se ne servono per “intercettare realtà fatta di malessere, demotivazione, frustrazione, impotenza” , come ben dice, riferendosi ai 5 Stelle, un intelligente commentatore della mia citata.

E’ il terzo punto quello che maggiormente mi interessa poiché viene invocato per migliorare il governo della Città. Ma vediamo se ho ben compreso il pensiero di Belli, che mi appare molto complesso, ingarbugliato nelle sue varie esemplificazioni, contraddittorio anche. Riassumo quanto ho capito: il Civico è quel cittadino che, preparato professionalmente, interessato alla cosa pubblica, bravo, onesto e magari anche bello, un cittadino speciale, uno super, non uno qualunque per capirci, va interpellato ogni qual volta si presenta un problema, ossia sempre, da coloro che, nominalmente, solo nominalmente a questo punto, sono deputati al governo della città. Chissà perché a me questa figura di “civico” fa venire alla mente il tecnico comunale, il burocrate, il funzionario al quale il Sindaco, dopo aver deciso il da farsi, dice di progettare bene, molto bene, la fogna della tal via e il taglio delle erbacce sui marciapiedi. O del “civico” si deve solo sentire il parere? e questi come lo esprime il suo parere? e solo se interpellato? e lui non sente, prima di esprimersi, il parere di altri suoi pari? e chi decide che quel professionista è anche bravo oltre che bello? Per calarci nella nostra realtà cittadina: se ben ricordo, nel Consiglio Comunale sono rappresentati nove gruppi; di questi, quattro si richiamano espressamente ad un partito nazionale (FI – Lega – M5S – PD); uno si maschera, per mancanza di coraggio ( Al lavoro con Brescia); gli altri sono, o espressioni di una personalità, come Brescia per Passione e Piattaforma Civica, che senza Castelletti e Onofri passerebbero inosservati, o sono clientes, (lo dico sottovoce, se no si offendono). Cosa mi suggerisce questo quadro cittadino? Che il civismo auspicato da Belli, così come io l’ho capito, è non solo inattuabile, ma anche deleterio. O ho capito male? Può darsi. Attendo lumi.
E allora a chi rivolgo l’esortazione “Ofelè fa el to mesté”? Oltre che al pasticcere, magari a quello di via Veneto che mi dicono molto bravo e molto caro, la indirizzo al politico perché “el nagheh en piaha a to conhen e po el fagheh quel che l’è mei”; infine a me stesso perché, da pensionato, oltre che a sorvegliare i vari cantieri cittadini, non smetta di osservare, pensare, criticare, suggerire, bisticciare, brontolare, polemizzare. Sempre divertendosi naturalmente; e concedendosi qualche divagazione , perché “se fa solo quello che sai fare, farai sempre quello che sai fare.” (Cit. da “pensieri minimi” di Qol Sakhal.)

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Redazione BsNews.it
Tags: elio marniga

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