Alla vigilia della Festa della Liberazione la sezione bresciana dell’Anpi scrive per puntualizzare anche la posizione sul ritorno del Bigio in piazza. “Anche quest’anno il 25 aprile è data ancora irrisolta per chi non riesce ad accettare che il Paese si sia riappropriato delle libertà che il ventennio fascista aveva annullato” scrive la sezione “Caduti di piazza Rovetta”.
“E magari, utilizzando proprio il diritto di espressione e parola che i partigiani hanno riconquistato a costo di vite umane, oggi prova a riaffermare razzismo, xenofobia, violenza come pratica “democratica”. Succede al Cimitero di Milano dove è stata impedita dalla Prefettura, dopo alcuni anni di richieste dell’ANPI mai prese in considerazione, la cerimonia organizzata in onore dei caduti della Repubblica Sociale Italiana. Succede a Verona dove la Lega di Salvini il 25 aprile prova a trasformare la paura in rabbia contro l’immigrato. E anche a Brescia, con gli “aperitivi” in una zona ad alta concentrazione di migranti come via Milano, che servono a provocare la richiesta di sicurezza che “Brescia ai Bresciani” tenta di trasformare in messaggio populista.
Ma il 25 aprile – si legge ancora nella nota dell’Anpi – vede numerose altre iniziative tra cui quella della “pastasciuttata” nelle strade del quartiere Carmine organizzata dalla sezione Caduti di Piazza Rovetta in collaborazione con la Rete Antifascista di Brescia. Per il giorno successivo, mercoledì 26 aprile, abbiamo organizzato la visione all’Eden del film “Nome di battaglia, donna”, alla presenza del regista Daniele Segre di Torino, con ingresso gratuito e patrocinio del Comune di Brescia”.
Ma l’Anpi non tralascia l’ultima nota sulla questione – ormai eterna – del Bigio. “A chi vuole trasformare la città in un museo diffuso di arte moderna, all’aperto, diciamo che è una scelta culturale che non attiene alle valutazioni nè al giudizio della nostra Associazione. Quello che invece ci coinvolge e ci interessa è il fatto che sul piedistallo non venga collocata l’opera del Dazzi, l’Era Fascista appunto, previsto dalla precedente amministrazione come palese richiamo ad un periodo storico evidentemente non ancora rielaborato.
Molto diversa è stata la nostra reazione al murale della “meridiana” previsto sui muri del palazzo privato che affaccia su Largo Formentone. Lì non c’era arte che potesse giustificare l’immagine del Duce e la statua del Bigio sui muri di una piazza dove furono trucidati i primi caduti bresciani della Resistenza: era stata vissuta per quello che era, una provocazione, utilizzando il veicolo “artistico” come elemento di rimozione delle responsabilità storiche e di pacificazione. Venne respinta da una presa di posizione immediata con lettere, presidi, incontri che hanno avuto un riferimento organizzativo nella festa della sezione ANPI Caduti di Piazza Rovetta, che proprio in quei giorni si svolgeva all’interno del quartiere Carmine.
La scelta editoriale del sondaggio tra i lettori di un giornale locale è palesemente volta a destoricizzare la collocazione dell’opera da un contesto storico ben preciso e spingerli ad un giudizio estetico, facendone poi oggetto di pressione “democratica” verso la giunta in prossimità delle prossime elezioni amministrative.Non ci prestiamo a questo gioco, ribadendo ancora una volta che il “bigio”, quello vero, in Piazza Vittoria non deve essere collocato mai più”.
Il Bigio guardava allora, come appare anche dalla foto, proprio Benito Mussolini a cavallo effigiato nel riquadro sulla torre del’orologio. La statua, simbolo dell’era fascista, era simbolicamente rivolta al Duce del fascismo. Dunque: entrambi rimossi e sepolti, Bigio ed effige di Mussolini, dalla storia della libertà e della democrazia. Rrequiescant in pace.
senza parole di fronte a simili argomentazioni. Ricordandole solo che: ‘la madre degli stolti è sempre incinta.’ Addio.