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Orlando a Brescia per un Pd del centrosinistra

di Claudio Bragaglio – Gli incontri del ministro Andrea Orlando a Brescia ed in Lombardia hanno rappresentato una convincente saldatura tra il “modello di centro sinistra” dei governi locali – da Milano a Brescia, da Bergamo ad altre città lombarde – e la sua proposta di governo nazionale.

Un PD non più solo, leaderistico ed isolato, ma posto al centro della ricostruzione d’un ampio campo politico e sociale progressista. Con positivi riferimenti anche a Pisapia. Quindi, nettamente distinto dalle ambiguità che attraversano il resto del PD.

Si rende così ancor più esplicita l’insostenibile schizofrenia tra l’attuale linea nazionale del PD e la costruzione di ampie coalizioni politiche e sociali nelle comunità e nei governi territoriali.

Dopo il No al Referendum tutto è cambiato. Renzi – dice Orlando – non è più il “dominus”. Ed anche a me pare che, dopo quel traumatico cambio di fase politica, ci si debba attestare ben oltre il dilemma renzismo-antirenzismo, come s’attardano invece a fare sia la “guardia pretoriana dell’Augusto” che, sul fronte opposto, gli indomiti “spartachisti”. Ma con Renzi e D’Alema che si sorreggono per contrapposizione.

Di conseguenza, chiarezza anche per la riforma elettorale, necessaria per restituire vita democratica al Paese con il superamento dell’Italicum e la perversa logica d’un futuro Parlamento ingovernabile, fatto da nominati e da trasformisti.

Su questo punto il PD oggi è un “movimento immobile”. Non possibile in natura, ma in politica sì. Come nella Real Marina dei Borboni, il cui Regolamento – vero o verosimile che sia – stabiliva con il “Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora… e chi nun tiene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘ccà e a ‘ll à”.

Riletto, è un’azzeccata immagine dell’odierna vicenda della riforma dell’Italicum. Tutto un inutile gran movimento sul vascello del PD, pur di tenersi l’Italicum dei nominati e degli amici più fidati.

Poi, nel caos del futuro Parlamento, chissà forse l’àncora d’un secondo Nazareno, nobilitato da “Grosse Koalition”, nel tentativo – disperato – di far passare Berlusconi come la futura Merkel italiana. Ed il PD a quel punto in preda a nuove convulsioni, dovute non tanto ad agguerriti cospiratori, ma all’esodo biblico di  semplici elettori. Con Grillo alla settima stella!

Finora Renzi non ha dato segni convincenti d’aver compreso il trauma del 4 dicembre, ascrivibile alla pretesa d’un plebiscito su se stesso, nel Paese e nel PD. Rimane aperta ancora la speranza. Ma per ora quella vicenda per lui è la parentesi d’un incidente di percorso. Senza avvertire la crisi d’un intero ciclo politico: quello dell’ipermaggioritario e d’un rigido bipartitismo. Nel quadro d’una crisi irrisolta di carattere economico e sociale. Con il mondo del lavoro e del bisogno sociale lasciati in un angolo e da parte. Sempre con l’illusione di voler rappresentare l’inizio d’un nuovo ciclo, come se nulla fosse, rischiando però di ritrovarsi a reggere la coda conclusiva della fase precedente. Passando quindi dal primo Lingotto, quello dell’ambizione veltroniana, all’ultimo, quello renziano, ma nella versione d’un accanimento terapeutico.

Posso sbagliare. Ma Renzi, così facendo, si ritroverà addosso la pena del contrappasso, inflittagli dalla sua stessa narrazione. Quindi nel girone dantesco dei falliti da riforme costituzionali – da De Mita a D’Alema – da lui tanto irrisi e vituperati. Con un’identica stele,  nello stesso Pantheon.

Pensare di proseguire come se nulla fosse, senza un cambio radicale d’impostazione, significa solo procurarsi ulteriori sconfitte. Per sé, e pure per noi tutti.

Europa, Governo, elezioni anticipate, Italicum…con un guazzabuglio di posizioni. Ed il brivido dello spettro di leader caduti in altre drammatiche crisi. Di Craxi, in particolare. Quando nel ’90 – “mutatis mutandi” – di fronte alla necessità d’una riaggregazione mitterandiana delle varie sinistre decise invece per una normalizzazione centrista e un patto di potere con Andreotti e Forlani. Con l’ambizione di ereditare voti e potere, sia della DC che del PCI in crisi, e con la fine che sappiamo.

Anche la famosa “Santa Alleanza” contro il Populismo, va a parare nella stessa direzione. Pensando che la crisi di sistema sia causata dal Populismo, e non già dal suo rovescio. Populismo, trattato come la “peste” manzoniana – ci ricorda Enrico Letta, nel suo recente “ Contro venti e maree” – per cercare in questo modo di salvare proprio i gruppi dirigenti e di potere che, con i loro errori e fallimenti, sono la causa stessa dei Populismi. Anche in Italia. Con l’establishment, a cui spesso si associa anche il PD, che ha svuotato la rappresentatività ed ogni forma di mediazione sociale.

Renzi è ad un bivio. Tra l’istinto d’una “coazione a ripetere” gli errori del passato, destinata a riprodurre un “neocentrismo di regime”, o l’intelligenza della ricostruzione d’un nuovo centro sinistra, anche sociale, nell’ambito d’un sistema elettorale, di alternanza e bipolare. Un confronto che rimarrà aperto dopo il 30 aprile, anche perché un vero confronto programmatico non lo si è voluto, per concentrare il tutto sulla scelta del “capo”.

Orlando va già in una direzione diversa. Non è la “costola di sinistra” nel Pd, ma per l’oggi ed il domani è la salvezza d’una alternativa “ulivista” del e nel PD.

Non a caso Tino Bino – nel richiamare all’attenzione di Orlando le “Giunte aperte” di Cesare Trebeschi, il “laboratorio” dell’Ulivo con Martinazzoli nel 1994, le Giunte di centro sinistra e civiche di Corsini fino a Del Bono – ha tracciato la peculiarità della convergenza tra il cattolicesimo democratico-popolare e la sinistra riformista. Un valore bresciano del presente, dalla storia al futuro.

E c’è motivo di ritenere che, nell’articolazione plurale dell’area renziana, la questione d’un positivo confronto sia aperto. E ben oltre le inerti tifoserie ed i rigidi confini delle Mozioni. O la pretesa – anche a Brescia – di cristallizzare sul renzismo del passato le nuove posizioni già in campo per il futuro.

Membro Direzione regionale del Pd

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Redazione BsNews.it

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