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Io rimango nel Pd con Andrea Orlando

di Claudio Bragaglio – Rimango nel percorso congressuale – diversamente da altri amici con i quali ho condiviso impegni e battaglie politiche – per sostenere una prospettiva di cambiamento del PD renziano. In continuità, per quanto mi riguarda, con un cambiamento di linea e di politiche sociali sostenuto in questi anni, in modo da poter ancorare il PD al centro sinistra. Verificandone poi l’esito.

Con un’ispirazione che mi ostino a definire “ulivista”, intesa come il riconoscimento del pluralismo dei riformismi (di sinistra, cattolico democratico e laico) come ha riproposto Romano Prodi. E come Brescia – da Martinazzoli in poi – ci ha insegnato.

Paolo Corsini ha parlato d’un “arrivederci”. Auspicabile, anche da parte mia, per quanto siano incerti i futuri approdi, ma consapevole che sarà il cammino stesso a determinarne la meta.

Non mi affido solo a speranze, in questi anni spesso vanamente consumate. Tantomeno a chi ritiene che questa dolorosa rottura rappresenti una liberazione da zavorre e dai nostri problemi.

Si tratta, invece, d’una occasione – per quanto drammatica – per una riflessione di fondo, che riguarda peraltro non solo le scelte più recenti, ma la natura del PD, la sua stessa forma originaria ed i deragliamenti registrati. Con molte responsabilità che, per quanto diversificate, accomunano in modo critico sia coloro che rimangono, sia coloro che abbandonano il PD per dar vita ad una nuova forza di sinistra. Che poi vi siano preminenti responsabilità di Renzi, non ho dubbi, ma non è solo sul passato che si consuma una grave lacerazione, ma sul futuro. Un futuro che rende indispensabile una nuova leadership politica, una gestione plurale del partito, una modifica delle scelte di fondo e la ridefinizione anche d’un ancoraggio sociale ed al mondo del lavoro, oggi ampiamente smarrito dal PD.

La sconfitta del Referendum apre uno scenario nuovo che non può essere affrontato nella logica di altri azzardi politici, con la delegittimazione del Governo Gentiloni e la scorciatoia di nuove elezioni. E la certezza d’una nuova irreparabile sconfitta.

La ricostruzione d’un campo di centro sinistra è la priorità da stabilire, senza trasformare la dialettica in atto, per quanto aspra, in incomponibili rotture. Che peraltro mi vedrebbero del tutto contrario.

La stessa positiva esperienza lombarda depone diversamente.

Sia a livello regionale, con la segreteria Alfieri ed i risultati del Comune di Milano, nel rapporto tra Sala e Pisapia, con il suo nuovo campo progressista. Sia per le prossime elezioni regionali d’inizio 2018. Sia, a Brescia, per la vicenda della segreteria unitaria di Michele Orlando e per le stesse elezioni della città, dove unanime è la sollecitazione rivolta al sindaco Emilio Del Bono per riformare un’ampia aggregazione civica e di centro sinistra.

 

Un segno che ritengo importante riguarda anche la distinzione di ruolo tra segretario del partito e  capo del governo. Come ha sostenuto  Andrea Orlando, la cui candidatura trovo convincente anche per le diverse sensibilità che va raccogliendo in modo aperto e costruttivo.

Una scelta che mi sento di sostenere a maggior ragione se saprà esprimere più che una selettiva appartenenza culturale, un più ampio, partecipato e pluralistico progetto politico. Quello che sta alla base d’un PD del centro sinistra, riformista e di governo.

Quindi una candidatura non già d’una sola per quanto ampia e qualificata minoranza, ma all’altezza d’una direzione radicalmente diversa e complessiva del partito.

Claudio Bragaglio

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Redazione BsNews.it

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