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LETTERA. “La responsabilità di non andare a elezioni anticipate. Le nostre responsabilità non si sono fermate la notte del referendum”

Responsabilità: “la condizione di dovere rendere conto di atti, avvenimenti e situazioni in cui si ha una parte, un ruolo determinante: assumersi le proprie responsabilità”. Scrive il Sabatini Coletti. Anche Wikipedia pone l’accento su scelte e comportamenti, ma sottolinea che la responsabilità è anche un criterio dirimente per correggere decisioni e atti: “la possibilità di prevedere le conseguenze del proprio comportamento e correggere lo stesso sulla base di tale previsione”. In ogni caso la definizione di responsabilità discende dalle scelte che si prendono, dalle proprie azioni: da ognuna di esse, che coinvolgano una famiglia, un gruppo ristretto o tutta una nazione, discende una precisa responsabilità in capo al soggetto agente.

In politica invece, nella nostra politica, “responsabilità” è diventata spesso una facile argomentazione per giustificare alleanze improbabili, decisioni impopolari. Responsabilità, cioè, non è la condizione in cui si trova chi fa politica di dover render conto delle scelte fatte. Responsabilità diventa la condizione del politico che dovendo assumere determinate scelte, si appella a un ideale bene pubblico, a doveri di politica internazionale, alle inappellabili leggi dell’economia. Governo di responsabilità, voto di responsabilità, fiducia responsabile. Responsabilità da categoria dell’etica, da imperativo morale, si trasforma in una sorta di prova a discarico. Eppure il Paese non è un’entità ideale. Il “Bene comune” prima di essere una categoria della politica, è stato una categoria del diritto, con le radici ben piantate nella concretezza delle necessità quotidiane della persona e della comunità. E dunque noi politici non dovremmo mai scordarci che dobbiamo misurarci con il Paese, non come categoria ideale, ma come comunità di persone. Basterebbe tutto questo per ricondurci alla gravosità terribile delle scelte che ci competono, e per ricondurci a concepire le nostre responsabilità in tutta la loro stringente e faticosa urgenza.

Io non so se sia vero che questa Legislatura, che effettivamente, prima di ogni altra cosa, era chiamata a riformare la Costituzione e lo Stato, si sia conclusa, politicamente, la notte del referendum, quando quelle riforme sono state rifiutate da una larga maggioranza di cittadini. So però che le responsabilità che ci competono in quanto legislatori davanti ai cittadini, non si fermano certamente alle riforme costituzionali bocciate. Altrimenti non saremmo un Parlamento, ma un’Assemblea costituente che, terminato il proprio compito, si scioglie. Un po’ come fu nel ’48. Le nostre responsabilità non si sono fermate la notte del referendum, ma si devono ancora confrontare con tutta una serie di problemi e urgenze delle persone, che non abbiamo risolto in questi quattro anni e a cui siamo ancora chiamati a rispondere. Questa Legislatura sarà ricordata per aver finalmente dato una disciplina, per quanto ancora imperfetta, alle

Luigi Lacquaniti

Unioni civili, dopo un’attesa di decenni. Abbiamo realizzato altre riforme, certamente meno felici e più controverse – il lavoro, la scuola –. Il legislatore che verrà, sarà sicuramente chiamato a rivedere, limare, correggere. E altre più soddisfacenti: “Il dopo di noi”, ad esempio. Ma la Legge delega chiamata a rispondere strutturalmente al problema della povertà, che in questi anni di crisi economica è dilagata, è stata approvata dalla Camera, ma giace ancora al Senato. E così pure la Legge chiamata a riconoscere l’acquisizione condizionata della cittadinanza da parte delle persone extracomunitarie. La Legge sul Testamento biologico sta per approdare solo adesso all’aula della Camera. E l’elenco sarebbe ancora molto lungo. La condizione di responsabilità in cui ci troviamo, c’impone di dare una risposta a tutto questo. E alle ineludibili urgenze di politica internazionale, a cui il Governo sarà chiamato in questi mesi.
Possiamo dire di aver adempiuto a questa condizione di responsabilità in cui ci troviamo, decidendo di avviare il Paese ad elezioni anticipate, senza aver portato a compimento queste riforme? E senza aver dato al Paese una riforma elettorale costituzionalmente corretta e capace di assegnare al Parlamento che verrà, una maggioranza omogenea, e non l’ennesima alleanza-Frankenstein, l’ennesimo “governo di responsabilità”?
Abbiamo la possibilità di dimostrare di essere politici veramente responsabili, rinunciando a facili scorciatoie. Statista è prima di tutto colui che riconoscendo la condizione di responsabilità in cui si trova, mette davanti a tutto il bene dei cittadini in tutta la sua dolorosa concretezza, se necessario anche sacrificando la propria visibilità, la propria “carriera politica” e anche le proprie ambizioni personali.

On. Luigi Lacquaniti

Partito Democratico

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Redazione BsNews.it

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