Davanti al Palagiustizia, venerdì, erano un centinaio. Armati di bandiere e cartelli per protestare contro il processo in corso a carico di 48 Serenissimi veneti, arrestati due anni fa con l’accusa di aver organizzato nel 1997 la “storica” occupazione del campanile di San Marco. Un’azione condotta con l’aiuto simbolico dell’ormai celeberrimo Tanko: lo pseudo carroarmato fatto in casa che tanto caro – a livello di accuse – è costato agli indipendentisti.
Per l’accusa, infatti, i Serenissimi volevano sovvertire l’ordine democratico dello Stato con mezzi “dichiaratamente violenti”. Ministero dell’Interno e presidenza del Consiglio si sono costituti parte civile.
Tra i 48 ci sono indipendentisti da tutta Italia, a partire dai più noti: Lucio Chiavegato e l’ideologo Franco Rocchetta. Molti hanno chiesto di esprimersi in aula nei propri idiomi locali. Ad esempio l’avvocato di Salvatore Meloni ha chiesto che il proprio assistito rilasci eventuali dichiarazioni in dialetto sardo e che le sue parole vengano tradotte da un interprete. Istanze su cui il giudice si è riservato di decidere nella prossima seduta.
Ma il giudice, nella prossima udienza (fissata per il 3 marzo), dovrà decidere anche sulla competenza territoriale: se mantenere il processo a Brescia, dove avvenne la prima riunione per organizzare la spedizione di San Marco, o se invece spostare il processo a Padova dove venne realizzato il Tanko o a Rovigo.
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