Cronaca

Certificato per gli stranieri aumentato del 600 per cento, il giudice condanna Rovato e Pontoglio

Rovato e Pontoglio condannati per comportamento discriminatorio: avevano aumentato a dismisura i diritti di segreteria per i certificati di idoneità alloggiativa. A dirlo è una nota del centro studi giuridici sull’immigrazione promosso dalla Cgil che segnala come il giudice abbia bocciato l’aumento del 626 per cento (da 50 a 312 euro) voluto dalla giunta rovatese per il rilascio dei certificati di idoneità abitativa.

ECCO IL COMUNICATO IN FORMA INTEGRALE

È legittimo aumentare i diritti di segreteria per un certificato del 624 per cento? Ovviamente no, ed è questo quanto ha stabilito il giudice del tribunale di Brescia Andrea Tinelli nel condannare per condotta discriminatoria i Comuni di Rovato e Pontoglio. La causa civile era stata promossa da una ricorrente straniera, dall’associazione studi giuridici sull’immigrazione e dalla Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo con il sostegno della Camera del Lavoro di Brescia in merito alle delibere con le quali i Comuni di Rovato e Pontoglio hanno aumentato i diritti di segreteria relativi al rilascio della certificazione di idoneità alloggiativa da 50 a 312 euro (Rovato) e da 200 a 425 euro (Pontoglio). Nella sentenza viene ricordato che la certificazione di idoneità alloggiativa è un atto con il quale il comune, su istanza degli interessati, certifica ai fini igienico-sanitari e abitativi l’idoneità dell’alloggio ad ospitare un dato numero di persone: «Un atto – viene sottolineato – che tipicamente riguarda la condizione di straniero, poiché è indispensabile al fine di ottenere il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, richiedere il ricongiungimento familiare e acquisire il premesso di soggiorno per motivi familiari». Dunque, «benché in linea di principio la tariffa applicata dai comuni convenuti per la richiesta della certificazione di idoneità alloggiativa sia la medesima per tutti, italiani e stranieri, è evidente che l’interesse prevalente al rilascio della certificazione riguardi i soli stranieri». A titolo di esempio, nella sentenza si ricorda che a Rovato, su 104 ricevute, solo tre hanno infatti interessato cittadini italiani. Ricorrono dunque i presupposti della discriminazione «a danno di una categoria connotata da una qualità protetta, costituita dalla nazionalità». Di qui la decisione del giudice di: dichiarare il carattere discriminatorio della condotta tenuta dai Comuni di Rovato e Pontoglio; ordinare ai convenuti di cessare la condotta discriminatoria revocando le predette delibere e ripristiandno i diritti di segreteria nell’importo precedente la loro adozione; disporre che i convenuti procedano a rimuovere gli effetti della discriminazione mediante la restituzione di euro 262 quanto al Comune di Rovato e ad euro 225 quanto al Comune di Pontoglio, a ciascuno straniero che abbia fatto richiesta del certificato di idoneità alloggiativa nel periodo di validità delle delibere; ordinare ai convenuti di pubblicare a proprie spese l’ordinanza (per intero sui rispettivi siti internet, per estratto su un quotidiano di tiratura nazionale); condannare i convenuti alle spese di lite, quantificate in circa 7 mila euro. «Siamo molto soddisfatti per questa sentenza e del fatto che sia stato riconosciuto il comportamento illegittimo e discriminatorio dei due Comuni – affermano il segretario della Cgil di Brescia Damiano Galletti e Ibrahima Niane, segretario Fillea Cgil residente a Rovato e promotore dell’iniziativa di contrasto nei confronti delle due delibere -: invitiamo tutti i cittadini residenti nei due Comuni costretti a pagare diritti di segreteria abnormi per il certificato di idoneità alloggiativa a rivolgersi ai nostri uffici per essere sostenuti nell’inoltro delle richieste di rimborso».

Per il Comune di Pontoglio oggi è intanto arrivata un’altra condanna per i cartelli affissi all’ingresso del paese richiamanti le «radici cristiane». «Il punto non è se tale proposizione corrisponda o meno al vero – si legge nella sentenza -, la questione è che detto stato di cose, ammesso che sia tale, non può essere strumentalizzato da un ente pubblico per ostacolare o condizionare, foss’anche nella semplice forma della persuasione, il libero esercizio dei diritti costituzionali da parte di coloro che non si riconoscono nel substrato culturale del Comune». Lo Stato italiano, come viene ricordato nella sentenza, non è confessionale bensì «improntato al principio di laicità (articolo 19 Costituzione)» e «ragioni di razza e religione non possono pregiudicare l’eguale godimento dei diritti fondamentali dell’individuo (art 3 Costituzione), fra i quali figura quello della libertà di circolazione e soggiorno (articolo 16 Costituzione). Di qui la condanna a togliere i cartelli, pubblicare la sentenza sul sito istituzionale e su un quotidiano locale, a pagare le spese di lite, quantificate in circa 5 mila. Anche in questo caso la causa civile contro il Comune era stata fatta da Asgi e Fondazione Piccini con il sostegno della Camera del Lavoro di Brescia.

Asgi

Camera del Lavoro di Brescia

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Redazione BsNews.it

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