di Sandro Belli* – Mi rendo conto che sto per trattare un tema insolito, che riscuoterà poca condivisione. Penso, tuttavia che non sia una riflessione inutile, ma che anzi possa essere di utilità sia per la Chiesa, oggi un po’ snobbata, sia per la nostra società divenuta gretta e violenta.

Quante volte in una settimana ci soffermiamo a riflettere su noi stessi, sul nostro destino, sul senso profondo dell’esistenza, sul rapporto con gli altri, sui temi dell’universo e della creazione, sugli affetti più coinvolgenti? Troppo presi dai problemi quotidiani e dal ritmo affannato del vivere, molti di noi non ci pensano mai. Se ne avvedono in momenti particolari della vita, quando un evento, solitamente drammatico, fa nascere incertezze e domande, e li costringe a riflessioni e ripensamenti. Troppo tardi.

I credenti che frequentano la messa, invece, hanno settimanalmente più stimoli, più consuetudine alla riflessione con ciò che ne consegue sia nel senso di scoperta di una intensa gioia interiore sia nella sopportazione del dolore e della paura, sia sopratutto nel difficile rapporto col prossimo.

La predica di un bravo sacerdote, se non troppo dottrinale ma aperta alla comprensione dell’essenza di Dio e della vita, al tema della sofferenza e della pace e del buon vivere quotidiano, può essere utilissima anche ad atei, scettici e non credenti. Per questo a costoro si devono spalancare le chiese per offrire l’unico momento della settimana dedicato a riflettere su valori e sentimenti,e ,a volte, sul senso del vivere sociale e sulla corretta gestione del bene comune… tutte riflessioni fortemente liberatorie.È per questo che ritengo che, spesso, la messa domenicale sia più utile agli atei che ai credenti e dia più stimoli spirituali o almeno riflessivi a chi non ha alcun tipo di fede, rispetto ai ligi fedeli. Persino il sagrato della chiesa può essere un luogo di qualche semplice confronto, di un cenno di socializzazione e di recupero del senso positivo della convivenza.

Personalmente non rimpiango la città com’era, col suo atteggiamento bigotto prevalente negli anni cinquanta, ma il brulicare di sorrisi, chiacchiere, proponimenti, saluti, complimenti e sane invettive dei sagrati bresciani del passato un po’ mancano. All’uscita delle messe in Duomo o in San Francesco la vita aveva un momento di sosta, un attimo di ritorno al senso umano e colloquiale della vita delle famiglie e dei singoli. Anche i cosiddetti miscredenti, restando spesso sulla porta delle chiese, venivano coinvolti da pensieri non banali, e il tema della lotta politica, con Boni sindaco a vita, veniva attutito da qualche accenno alla morale e alla condivisione. Pregando lo stesso Dio, o anche semplicemente vedendolo così da tutti riverito, atei e cattolici, di destra e sinistra imbastivano ipotesi di convivenza… Sono certo che il Padreterno non sa quanto sono stati utili le piazzette o il semplice sagrato delle Chiese bresciane!! Utili alla riflessione, alla comprensione e alla convivenza.

* Imprenditore 

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Redazione BsNews.it

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