“Lavoro per un sistema a zero gare”. E’ questo l’obiettivo che si è fissato l’assessore ai Servizi sociali Felice Scalvini, da realizzare nei prossimi due anni di mandato. Ha scelto il Corsera di Brescia il titolare della delega comunale al welfare per rispondere (in parte) alle accuse che gli ha mosso una parte dell’opposizione in Loggia sul presunto conflitto d’interesse che si sarebbe creato tra il suo ruolo e le azioni messe in campo dal suo assessorato a favore di alcune cooperative sociali, tra cui quella in cui è consigliere delegato la moglie.
Stando alle parole di Scalvini, il sistema del welfare bresciano sta subendo un radicale cambiamento rispetto al passato. Il modello introdotto dall’assessore, si baserebbe su due opzioni di base: “la riorganizzazione dei servizi, con le cinque sedi territoriali che meglio possono intrecciare le risorse del territorio, e il nuovo sistema di relazioni con i soggetti del non profit, quello che io riassumo nello slogan di una città a zero gare”. Il principio che sta alla base del “sistema Scalvini” è quello della co-progettazione, “con le gare metti in gioco il valore economico di un servizio, avendo un progetto che è dell’Amministrazione – spiega -. con altre procedure invece il Comune indica gli obiettivi che vuole raggiungere e le risorse disponibili, che non sono oggetto di riduzione. Poi il Comune chiede ai soggetti che si candidano alla gestione del servizio di sedersi a un tavolo per costruire insieme un progetto operativo”.
Nell’intervista rilasciata in esclusiva al Corsera, Scalvini risponde anche alla richiesta di dimissioni avanzata da Forza Italia, Lega Nord e M5S circa il mancato rispetto della Carta di Pisa per la quale “la sussistenza di preesistenti rapporti di affari o di lavoro con persone o oganizzazioni specificatamente interessate all’oggetto delle decisioni cui l’amministrazione partecipa” metterebbe fuori gioco l’assessore. “Io non mi dimetto dal mio passato – risponde Scalvini -. A parte che non ero in giunta quando la Carta è stata discussa, e formalmente non sarei tenuto a rispettarla, non mi sottraggo, ma è evidente che si pone un problema politico – e conclude – Il conflitto di interessi così concepito [..] vuol dire che della pubblica amministrazione possono occuparsi solo gli incompetenti?”.
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