Immobiliare, arrivano i primi segnali di ripresa ma le imprese ancora soffrono
Dopo sei anni di intensa crisi il settore delle compravendite immobiliari inizia a tirare qualche sospiro di sollievo. A garantire questa boccata d’ossigeno i dati dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate che mostrano come, dopo un lungo periodo, si sia invertita la tendenza negativa delle compravendite, costante dal 2007 al 2013.
A Brescia, la differenza tra città e provincia resta, con un panorama più roseo per il centro cittadino. Se infatti tutte le tipologie di immobili (che quindi comprendono oltre alle abitazioni, anche uffici e spazi commerciali) registrano a Brescia un + 7.3 per cento, quelle in provincia si arrestano a un + 4 per cento.
Non si può ancora parlare di andamento positivo, visto che, basandosi sui dati del 2007, oggi le compravendite sono comunque la metà: resta il fatto che, per la prima volta dopo sei anni, il trend ha cambiato direzione in modo crescente per tutto il 2014 con un aumento dei contratti stipulati, cosa che fa ben sperare anche per il 2015.
Andando a snocciolare i numeri, e sommando tutte le compravendite di Brescia e provincia, nel 2014 si sono fatti 20.645 «rogiti». Oltre 9mila le case vendute, che equivalgono ad una crescita del 4% rispetto al 2013, valore che supera anche la media nazionale. In città tutte le tipologie di immobili salgono: la compravendita dei residenziali ha toccato quota 1.517, con un più 10% rispetto al 2013, tasso di crescita più alto della media dei capoluoghi del Nord (8%).
Se, però, il mercato sembra far presagire buone prospettive, ancora diversi sono i nodi da sciogliere affinché le imprese costruttrici possano davvero uscire dalla morsa della crisi. “I timidi segnali di ripresa non rappresentano per le imprese una effettiva e solida inversione di tendenza. – ci racconta Tiziano Pavoni, Presidente del Collegio costruttori di Brescia. – Sono per le imprese solo sensazioni non supportate da fatti concreti. Si pensi che a Brescia in questi anni di crisi il comparto ha subito una contrazione superiore al 50%. Risulta quindi necessario avviare azioni volte a migliorare l’accesso al bene casa delle famiglie”.
Le problematiche che le imprese devono ancora affrontare sono legate a temi come il credito, la fiscalità immobiliare e la burocrazia che frenano, se non addirittura bloccano, la possibilità di sviluppo delle aziende costruttrici. “Sul credito registriamo come in questi anni la sfiducia delle banche si sia concentrata sul nostro settore. – spiega Pavoni – È una spirale che ci sta stritolando e che non risparmia nessuno. Siamo di fatto in balia del mercato del credito. Dobbiamo, quasi quotidianamente, affrontare delle battaglie per gestire al meglio la concessione del credito e la ristrutturazione del debito. Se alla base della politica restrittiva attuata dalle banche nei confronti del nostro settore, regna la paura di creare bolle immobiliari, si tratta di una paura infondata”. Quello che chiedono i costruttori è quindi una politica del credito più aperta nei confronti del settore. “Ciò non vuol significare credito comunque, non è questa la nostra richiesta. Chiediamo di essere accompagnati dagli istituti di credito previa analisi di fattibilità delle nostre operazioni analisi che tenga conto anche della storia dell’impresa, della serietà dell’imprenditore e non sia basata unicamente sui freddi numeri incasellati secondo parametri dettati dalla burocrazia”.
Altra questione è la fiscalità immobiliare perché, come ci racconta Pavoni, “oggi assistiamo ad una sempre più diffusa disaffezione all’investimento immobiliare. Tra i fattori che stanno allontanando gli italiani da tale propensione ad investire nel settore è innegabile il peso determinato da una tassazione sul bene “casa”, che in questi ultimi tempi è diventata la più alta d’Europa. Ma per favorire gli investimenti immobiliari in Italia, anche da parte degli investitori esteri, è invece necessario delineare un quadro normativo certo e una imposizione fiscale chiara ed inequivocabile. Sarebbe un sogno poter prevedere per il bene casa un’ imposta unica e certa nel proprio ammontare nel tempo”. Altro nodo da sciogliere è infine quello burocratico e il rapporto con la Pubblica Amministrazione, sia con riguardo all’iter dei processi decisionali che con riferimento alla semplificazione delle procedure. “Le decisioni amministrative sono assunte senza pensare al “fattore tempo” ; non vengono minimamente considerati i danni, anche economici, che i ritardi determinano. Occorre ridurre drasticamente i tempi e ricondurli a periodi ben definiti. E’ inoltre di vitale importanza che si snelliscano le procedure amministrative e dunque il quotidiano lavoro”.
Le imprese chiedono semplificazione per eliminare la stratificazione di norme che soffocano e minano la voglia di fare impresa, per accelerare e rendere snello l’attuale e farraginoso iter degli appalti pubblici, per una politica urbanistica che favorisca la riqualificazione delle città. “Subiamo una paranoia di imposizioni e perciò di obblighi, contrastanti, farraginosi e snervanti, che inoltre si sovrappongono, privi di una logica e contro il buon senso, ma soprattutto inutilmente costosi: per noi, per i nostri committenti e per l’intera collettività. – spiega Pavoni – Il campo è assai vasto: spazia dall’urbanistica, alla tutela dell’ambiente, alla aggiudicazione e conduzione dei lavori pubblici, al rispetto delle norme in materia paesaggistica, alla sicurezza sul lavoro, ai vincoli artistici sul patrimonio immobiliare, alla disciplina fiscale e previdenziale, alla disciplina sui trasporti, solo per citare i principali ambiti del nostro lavoro”. E anche sul tema delle opere pubbliche c’è molto da lavorare. Pavoni ritiene che la Tav sia una possibile occasione che il comparto deve saper e poter cogliere per cercare di alleviare questa pesante crisi economica. “Va sottolineata l’importanza dei riflessi che la realizzazione dell’opera può comportare per il comparto edile della Provincia di Brescia. Il numero delle aziende operanti nella Provincia di Brescia, esposte ai venti della crisi, che hanno dovuto ridimensionare o addirittura cessare la propria attività, è da anni in costante ascesa. Ciò ha comportato la perdita dall’anno 2008 ad oggi di circa 9.000 operai, quasi la metà della forza lavoro del comparto bresciano. Un numero drammaticamente importante. Per le famiglie, per le imprese che hanno perso una significativa parte del proprio capitale: quello umano, la principale risorsa delle aziende stesse. Quindi l’avvio dei lavori per la tratta di alta velocità/capacità ferroviaria nel tratto Brescia – Verona può effettivamente costituire un irripetibile occasione di sviluppo economico per il comparto edile e per l’intera economia della Provincia di Brescia, oltre che a permetterci il recupero del divario infrastrutturale con i partner europei, e garantire quel processo di modernizzazione e di efficienza indispensabile per affrontare le sfide di oggi e di domani”.
Alessia Marsigalia