Una lettera dell’Inps arrivata a casa con una richiesta che aveva dell’incredibile: la restituzione di oltre 64mila euro dopo l’accertamento «di un’erogazione di maggiori somme non dovute dal primo settembre 1997 al 31 dicembre 2013». In pratica, come riporta il Corsera, per 16 anni, un pensionato bresciano avrebbe incassato una pensione più alta di quella dovuta. L’uomo ha fatto ricorso alla Corte dei conti per l’annullamento del provvedimento. L’Inps si è costituita parte civile per chiedere di respingere il ricorso o di «condannare direttamente l’Amministrazione datrice di lavoro a corrispondere alla parte ricorrente le somme dichiarate irripetibili». In via preliminare il giudice ha respinto l’eccezione dichiarandola «priva di pregio», in quanto «le attribuzioni di ordinatore principale e secondario di spesa costituiscono una mera ripartizione di competenza di apparati della pubblica amministrazione». Nè ha rilevato « l’eventuale responsabilità di chi ha concretamente operato, trattandosi di accertare se sussiste o meno il diritto vantato dal ricorrente». In pratica «in assenza del dolo dell’interessato non può più effettuarsi il recupero dell’indebito». I giudici hanno quindi dichiarato «irripetibile» l’indebito. E hanno condannato l’Amministrazione, che nel frattempo aveva recuperato parte di soldi «con trattenuta sulla pensione in pagamento a restituire le somme già incamerate». L’Inps potrà rivalersi nelle competenti sedi del ministero.
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