Stamina, Vannoni cerca fondi e attacca gli Spedali Civili
"Gli spedali incivili di Brescia hanno speso 1 milione di euro in costi legali contro le persone malate che chiedevano l’applicazione di un loro diritto risancito dai giudici, non hanno fatto valutazioni relative ai benefici e ai miglioramenti ottenuti (tanto erano solo cure compassionevoli), e non hanno potuto sostenere i costi per fare un carotaggio osseo e 5 iniezioni a 150 persone in un anno", così si sfoga Davide Vannoni su facebook in un lungo post nel quale fa appello a tutti coloro che vogliono sostenere Stamina. La fondazione è infatti strozzata, continua il post " da tutte queste azioni e menzogne fatte e dette in modo vergognoso e prezzolato. Non è più in grado di sostenere le spese delle cure a Brescia". Così il fondatore di Stamina ha messo il numero di Iban della Fondazione «per chi volesse aiutare Stamina e le cure compassionevoli».
Intanto, nel corso di un’audizione in commissione Sanità del Senato per l’indagine conoscitiva sul caso del metodo proposto da Davide Vannoni, l’ex ministro della salute Balduzzi ricorda che «Numerose deviazioni e anomalie» sono state rilevate nel «lavoro espletato dagli Spedali Civili di Brescia», che aggiunge «A maggio io ho disposto un’indagine per verificare la regolarità delle procedure tecnico-amministrative nel rapporto fra Stamina e l’azienda ospedaliera bresciana: il 23-24 maggio c’è stato un sopralluogo e oltre ad acquisire le informazioni sulle origini del rapporto con Stamina, da cui si apprese che sarebbe scaturito da un dirigente della Regione Lombardia che era venuto a conoscenza di questi trattamenti effettuati a Trieste, gli ispettori hanno avuto conferma del fatto che i medici non erano a conoscenza» di cosa contenessero le infusioni «perché il metodo era coperto da brevetto».
Balduzzi ricorda che il decreto da lui emanato voleva supplice alla «caotica situazione che si era venuta a creare, anche per le ben note campagne mediatiche che davano speranze alle famiglie, rese indifferibile l’emanazione di un provvedimento legislativo di urgenza. Il decreto trovava base in due ragioni di fondo: era emersa, nel corso dell’indagine tecnico-amministrativa del ministero agli Spedali Civili di Brescia, la necessità di chiarire e completare il quadro normativo, sostituendo il decreto Turco-Fazio con indicazioni chiare; dall’altra parte il problema era di cercare, senza sovrapporsi con le singole autorità giudiziarie, di superare l’emergenza conseguente alle ordinanze dei tanti tribunali» che avevano emesso pronunce favorevoli al trattamento. Alla fine, conclude Balduzzi, si è trovata «una soluzione di compromesso» nella quale è stata introdotta la sperimentazione sul metodo, specificando che si trattava «un’esigenza di ordine etico, di non impedire il completamento dei trattamenti ai pazienti che l’avevano iniziato, alcuni dei quali con caratteristiche particolari, come la tenerissima età».