La Lombardia blocca le “sale bingo”, Rolfi: sono dannose, lo Stato specula sulle ludopatie

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Dopo quella alle slot machine, guerra della Lombardia anche alle sale Bingo. Il consiglio regionale ha infatti approvato all’unanimità una mozione di Fratelli d’Italia (firmatari Riccardo De Corato e Fabio Dotti) con la quale si impegnano la giunta e il presidente ad attivarsi per impedire che in Lombardia possano aprire altre nuove sale dedicate al gioco.

 

Sull’approvazione della mozione dal consiglio regionale in opposizione a nuove licenze, è intervenuto il vice capogruppo della Lega Nord in Regione Lombardia, Fabio Rolfi. “Abbiamo votato favorevolmente questa mozione – afferma Fabio Rolfi – perché siamo convinti che il nostro Consiglio regionale, lo stesso che solo pochi mesi fa approvò la prima normativa in Italia contro la ludopatia, non possa che prendere posizione contraria all’emissione da parte dello Stato centrale di nuove licenze per sale bingo. Per quanto ci riguarda siamo dell’idea che non servano altre concessioni: le sale presenti sul territorio regionale sono più che sufficienti. Siamo consapevoli di come il tema non rientri nelle materie di competenza regionale, ciononostante, dato l’impegno dimostrato da questa Assemblea, è giusto che dall’Aula emerga una posizione chiara e netta; si tratta – specifica il vice capogruppo del Carroccio – di un atto dovuto e di coerenza con la politica portata avanti dalla nostra Regione. Anche il gioco del bingo infatti, proprio come i videopoker, può generare forti forme di dipendenza cronica che finiscono con il provocare situazioni notevolmente problematiche. Regioni ed enti locali non possono più farsi carico dei problemi sociali provocati dalle ludopatie, a maggior ragione mentre lo Stato utilizza il gioco d’azzardo per ingrassare le proprie casse, speculando sulla pelle delle persone, naturalmente senza sostenere nessuna opera di prevenzione o recupero. Purtroppo – chiosa Fabio Rolfi – si tratta della solita storia italiana: sul territorio vengono scaricati i costi economici e sociali, a Roma invece si prendono i quattrini.”

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