di Andrea Tortelli – "Vogliamo l’unità del partito. Oppure sarà una corsa a tre e per rappresentare il fronte renziano anche io penso che quello di Vivenzi sia il nome giusto. Senza accordi tattici con nessuno dei candidati”. A dirlo è il vicesegretario bresciano del Pd Riccardo Frati, che quattro anni fa si candidò a diventare segretario provinciale – sostenuto dal gruppo Partire da Brescia – e fu poi decisivo, nell’assemblea dei delegati, per l’elezione di Pietro Bisinella. Oggi il renziano Frati non è più in campo direttamente. Ma ha le idee chiare su quale deve essere la linea in vista del congresso provinciale che potrebbe tenersi a novembre.

Lunedì il fronte renziano si riunirà per decidere. Lei, come Alfredo Bazoli, pensa che la vostra “corrente” debba lanciare la candidatura del sindaco di Paderno Antonio Vivenzi?
Ritengo che l’obiettivo, possibile, debba essere quello di arrivare a un congresso unitario, perché l’istanza del cambiamento non dovrebbe arrivare da una sola parte, ma dall’intero partito. L’ultimo anno dimostra che senza l’unità il Pd rischia grosso. A Roma abbiamo perso tragicamente le elezioni, fatto una figuraccia storica sull’elezione del presidente della Repubblica e oggi fatichiamo a organizzare un congresso. A Brescia il quadro è meno drammatico. Abbiamo vinto in città grazie al fatto che il partito si è compattato su Del Bono, ottenendo anche successi importanti a Desenzano e Palazzolo. Ma non possiamo dimenticarci che alle regionali e alle politiche nel Bresciano abbiamo perso. Detto questo oggi nella Leonessa ci sono in campo due contendenti: Bisinella e Orlando. Se proprio non è possibile arrivare a una posizione unitaria, ha senso che anche la sensibilità più innovatrice del partito avanzi un proprio candidato. E concordo con Bazoli che, in quel caso, il nome migliore sarebbe quello di Vivenzi.

A livello locale, però, i numeri non sembrano essere dalla vostra parte. Quella di Vivenzi rischia di diventare una candidatura di bandiera. Pensate davvero di poter vincere?
Perché no? Vivenzi è apprezzato da molti e potrebbe raccogliere un consenso molto ampio, anche ben oltre l’area Renzi. La nostra, poi, è una proposta molto aperta. Che avanziamo non tanto alle correnti, ma ai militanti e alla base. Oggi nel partito vedo una grande fluidità: il voto è sempre meno incanalato in filiere. E comunque – a prescindere dal fatto se riusciremo a vincere o meno – è importante che, senza l’unità, anche chi vuole cambiare avanzi una sua proposta.

Quindi non c’è spazio per un accordo organico al primo turno con Orlando o Bisinella?
Nel caso non si riuscisse a trovare la convergenza su un solo nome, riterrei inopportuno un accordo dell’ultima ora che portasse due candidati a unirsi organicamente contro un altro. Per due ragioni. Innanzitutto così si rischierebbe di creare una forte contrapposizione nel partito. In secondo luogo se oggi ci sono più nomi in campo un motivo c’è: anche le posizioni sono diverse. Insomma: o l’unità o la corsa da soli, senza accordi tattici con nessuno.

Lei quattro anni fa è stato decisivo per l’elezione di Bisinella contro Gianbattista Ferrari. E in questi anni ne è stato il vice. Per lei il segretario uscente e Michele Orlando sono la stessa cosa?
Dal punto di vista personale i rapporti con Bisinella sono di grande cordialità. Ma non posso non rilevare che in questi anni alcune nostre istanze sono rimaste inascoltate. Ci eravamo candidati chiedendo un cambio di passo, una nuova dimensione organizzativa, maggiore capacità di elaborazione delle linee politiche e di comunicazione interna, oltre che rapporti più stretti con i mondi vitali della società bresciana. Solo parzialmente questo è stato fatto. Allo stesso modo Orlando mi sembra una persona valida e preparata. Ma oggi scegliere sarebbe impossibile. Bisogna innanzitutto capire quali sono le proposte dei candidati.

Bisinella ha dichiarato che a livello nazionale starà con Renzi.
In un primo momento non si è sbilanciato, poi ha dichiarato il suo sostegno al sindaco di Firenze. E la ritengo una posizione interessante, oltre che rilevante. Ma a livello locale si deve scegliere sulla base delle proposte locali.

Qualcuno però sostiene che la decisione di candidare Vivenzi sia dovuta al fatto che l’“apparentamento” con uno dei due candidati avrebbe rischiato di spaccare in due la corrente.
Mi sembra logico che se non si dà una rappresentanza condivisa, visibile e credibile a una componente questa si diriga verso fronti anche diversi. L’unità interna si trova attorno a un candidato espressione della volontà della componente. 

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Redazione BsNews.it

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