Con una nota il segretario del Pd di Rovato Angelo Bergomi interviene sulla questione Imu, “denunciando” che i proprietari di cave pagano l’imposta come agricola anziché come industriale, e dunque contribuiscono all’incasso complessivo pagando poche centinaia di euro all’anno come il proprietario di un appartamento medio piccolo.
ECCO IL TESTO INTEGRALE DEL COMUNICATO
Da mesi sentiamo discutere dell’opportunità di cancellare o rimodulare l’IMU quantomeno sulla prima casa. Mentre quasi tutti i Comuni hanno inasprito le aliquote nessuno, inspiegabilmente, si chiede come sia possibile che alcuni settori siano esentati dagli sforzi economici chiesti a tutti gli altri: mi riferisco alle decine di milioni di metri quadrati di aree in corso di escavazione o destinate all’estrazione di ghiaia e sabbia presenti in Italia, soggette da sempre ad aliquote ICI-IMU agricole anziché industriali, in quanto accatastate come tali.
Il risultato è che da anni cave da centinaia di migliaia di metri quadrati, fonti di introiti di decine di milioni di euro per i loro proprietari (prima della crisi dell’edilizia quanti decenni di vacche grasse sono passati?) abbiano restituito alla collettività prima con l’ICI e ora con l’IMU solo la miseria di qualche centinaio di euro all’anno ciascuna, tanto quanto una famiglia paga per un appartamento medio-piccolo. Tutto ciò è inaccettabile: a meno che si voglia continuare a prendere in giro i cittadini come da tempo fanno alcune leggi regionali che normano il settore (tra queste quella lombarda scritta nel 1998, piena epoca formigoniana): in esse si parla di "coltivazione di cava", come se vedere ruspe cingolate che scorticano irreversibilmente un terreno fosse equivalente a coltivare granoturco o foraggio!
Oltre al buonsenso, abbondano i riferimenti normativi a sostegno della tesi della natura industriale e non agricola delle cave: da un regio decreto del 1931(!) al codice civile (che esclude che estrarre ghiaia abbia qualcosa a che vedere con l’agricoltura!) fino alla Cassazione che ha stabilito come sia prevalente lo stato di fatto di un immobile rispetto alla dichiarazione catastale. La riflessione assume un significato particolare per un settore dove, a fronte di tanti operatori corretti, ve ne sono molti altri protagonisti di fallimenti aziendali avvenuti senza realizzare i ripristini ambientali e le compensazioni cui erano tenuti o autori di escavazioni abusive accertate per migliaia di metri cubi. La cronaca bresciana degli ultimi anni è piena di queste situazioni.
Sarebbe necessario che anche i Comuni approfondissero la questione, valutando anche l’opportunità di modifica del proprio regolamento IMU, visto che non possono non essere a conoscenza del fatto che sul proprio territorio si esercitino attività estrattive che paghino IMU come agricole. In alcuni consigli comunali della Provincia di Brescia, per esempio, sono già state presentate mozioni in tal senso, azioni concrete di richiesta di ripristino dell’equità fiscale partite dal livello istituzionale più basso. In prospettiva si avrebbe anche un effetto ambientale deterrente rispetto alle tante richieste palesemente speculative (perché non giustificate dal fabbisogno) per nuove cave, in un Paese come l’Italia ove il consumo di suolo è uno scandalo taciuto.
Ing. Angelo Bergomi
Responsabile Provinciale Ambiente Partito Democratico bresciano
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