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Palafitte del Garda, esposti per la prima volta i reperti e i disegni di Giovanni Rambotti

Nell’ambito del progetto per la valorizzazione delle aree archeologiche (anno 2009), co-finanziato da Regione Lombardia, i Comuni di Desenzano del Garda e Gavardo hanno organizzato due mostre sul tema delle palafitte, a carattere divulgativo, nelle sedi dei rispettivi musei.

 

Il progetto si inserisce nell’ambito delle iniziative realizzate negli anni passati o ancora in corso: scavo archeologico presso la palafitta del Lucone, laboratori didattici dedicati, pannelli segnaletici in situ, documentario realizzato dallo IULM di Milano, Convegno internazionale tenutosi a Desenzano nel 2011.

La mostra – Desenzano del Garda

Al  Museo “Giovanni Rambotti” di Desenzano il fenomeno palafitticolo, e gli aspetti ad esso connessi, sono affrontati nell’ottica territoriale del bacino inframorenico gardesano, con particolare riguardo all’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO del sito seriale transnazionale “Palafitte preistoriche dell’arco alpino”, avvenuta nel 2011.

La mostra si apre con un’introduzione all’età del Bronzo nell’Italia settentrionale per poi passare alla presentazione del sito eponimo della cultura più diffusa nei nostri territori nel corso del Bronzo Antico: Polada.

Per l’occasione saranno esposti i materiali raccolti da G. Rambotti, a cui è intitolato il museo, e da lui stessi disegnati sul suo taccuino, normalmente conservati presso il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma.

Segue una carrellata sui principali siti palafitticoli dell’area gardesana, rinvenuti sia nei bacini inframorenici (Castellaro Lagusello, Bande di Cavriana, Cattaragna) che  nei laghi (Gabbiano di Manerba, Moniga, Padenghe, Corno di Sotto e le palafitte della penisola di Sirmione). L’esposizione è affiancata da pannelli introduttivi, approfondimenti e disegni ricostruttivi che permettono di apprezzare al meglio i materiali esposti, provenienti dal Museo dell’Alto Mantovano (Cavriana) e dal Museo delle Grotte di Catullo (Sirmione).

Ampio spazio è dedicato anche ai ripostigli di asce dell’antica età del Bronzo, coevi alle fasi più antiche di vita delle palafitte, rinvenuti in provincia di Brescia: Remedello Sotto e Torbole Casaglia.

 

La mostra – Gavardo

Per la sede di Gavardo la mostra svilupperà due tematiche generali, profondamente legate l’una all’altra: il tentativo da una parte di illustrare al pubblico modalità di vita e attività artigianali su una palafitta tra il XXI e il XX secolo a.C. e dall’altra di spiegare le metodologie applicate per pervenire a queste visioni ricostruttive.

Il tema sarà declinato attraverso i materiali e i dati derivanti dai recenti scavi al sito D del Lucone di Polpenazze. Tra gli argomenti che verranno trattati si può innanzitutto citare il tema della “casa”. Come era costruita una palafitta? A che punto sono le nostre conoscenze riguardo alle tecniche costruttive e all’aspetto di queste antiche case sull’acqua? La mostra cercherà di fare un quadro molto preciso di quello che possiamo e che non possiamo dire, utilizzando dati dei nuovi scavi al Lucone, ma incrociandoli con altre fonti di informazione..

In secondo luogo si tratterà di economia: il dato archeologico, unito a tutte le analisi offerte dalla scienze naturali può offrire un quadro notevolmente dettagliato del tipo di economia che sosteneva la vita di questa antica comunità del Lucone. Molti dati, sia di tipo paleobotanico, ma anche archeozoologico, consentono di ricostruire sia l’agricoltura sia l’allevamento al Lucone.

Lo studio dei resti faunistici e botanici consentono di introdurre il tema dell’alimentazione: quali piante coltivate e selvatiche e quali animali venivano utilizzati a fini alimentari? La presenza di varie tipologie di recipienti e di strumenti in selce, osso e legno possono permettere ulteriori ipotesi riguardo le modalità di lavorazione, cottura e consumazione degli alimenti.

Infine tutte le principali attività testimoniate al Lucone (la lavorazione della pietra, della ceramica, dell’osso e del corno, del legno e la metallurgia) mostrano le straordinarie capacità dell’uomo antico di conoscere i materiali e le loro proprietà e di sfruttare queste conoscenze per riuscire a definire una tecnologia adeguata a ogni materia. Dopo la Palafitta di Ledro, il Lucone è il contesto italiano che ha restituito il più ampio numero di materiali legati alla produzione delle vesti. Uno studio di questo particolare aspetto coinvolge l’archeobotanica, le analisi del DNA vegetale, le problematiche del restauro e, naturalmente lo studio delle antiche tecniche tessili. Tutte queste tematiche saranno trattate con una particolare attenzione ai problemi di recupero e conservazione di manufatti, nonché di analisi e ricerca nell’ambito di quelle che un tempo venivano chiamate “scienze sussidiarie”.

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Redazione BsNews.it

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