Bolpagni (Storico d’arte): le mostre preconfezionate non sono la soluzione
(di alessia marsigalia) Tra i curatori della mostra Novecento mai visto c’è anche Paolo Bolpagni, giovane, ma già affermato Storico di Arte Contemporanea. Docente di Istituzioni di storia dell’arte contemporanea all’Università Cattolica, ha all’attivo numerose pubblicazioni per riviste specializzate e per case editrici. Bolpagni, bresciano di nascita, oggi vive a Milano, ma ha lavorato nel campo dell’arte in diverse città italiane.
D. Come valuta Brescia da un punto di vista culturale? Migliorata o peggiorata?
R. Non mi piace dare pagelle, ma direi che non ho visto né una fioritura né una decadenza, ma una certa continuità tra passato e presente. Quando si parla di cultura tutto viene strumentalizzato a livello politico. I corsiniani dicono che si stava meglio prima e i paroliani oggi. E’ un atteggiamento che io rifiuto: in entrambe i periodi ci sono state luci e ombre
D. Ci sono città italiane a cui Brescia potrebbe ispirarsi?
R. Ogni città ha le sue specificità e, a mio parere, la soluzione peggiore è proprio importare da fuori le soluzioni. Un esempio sono le mostre preconfezionate: non è certo chiamando una società esterna, un Goldin o un Brunello che portano da fuori un pacchetto all inclusive che Brescia diventa una città d’arte. La città deve coltivare progetti al proprio interno usando, visto che le possiede, le risorse artistiche, umane e culturali che ha. Poi certo non si passa da città industriale e culturale in un anno, ci vuole tempo, e ripeto, vanno coltivati progetti di produzione propria, come la Mostra del Novecento ora al Santa Giulia. Le città che hanno fatto così hanno funzionato e mi riferisco a Padova, Rovigo e Lucca.
D. Tradizione o contemporaneità: su cosa Brescia deve puntare?
R. Deve puntare su entrambe. Anzi Brescia può seguire ben tre filoni, quello archeologico, che comprende la Brescia Romana e Longobarda; quello del ‘5-600 con il ciclo di pittori bresciani e, quello contemporaneo con le realtà forti esistenti. Solo alimentando queste risorse Brescia è già ricchissima e in modo trasversale, senza dover di nuovo puntare su impressionisti o maya o altre idee dalle quali non si cava un ragno dal buco.
D. Ogni tanto passa l’idea che Brescia dovrebbe avere un Museo d’arte contemporanea. Ne vale la pena?
R. Da storico di Arte contemporanea ne sarei felice, ma bisogna essere realisti. Brescia ce l’ha milioni di euro da investire? Non mi pare, quindi direi di sfruttare gli spazi esistenti. Se poi un grande industriale bresciano donasse i soldi al Comune per costruirlo, ben venga.
D. Lei è tra i curatori della mostra adesso al santa Giulia, Novecento. Un progetto ambizioso…
R. Si, anche perché sono tre mostre in una. La prima sezione è dedicata alle opere della Daimler Art Collection e segue un filone analitico minimalista. La seconda sezione, indaga invece opere provenienti sia da Musei Civici, sia dalle collezioni private di bresciani, quindi capolavori mai visti. Infine la terza parte vede opere d’arte contemporanea fondersi negli spazi del Santa Giulia. Una produzione tutta bresciana, che spero davvero abbia successo.